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domenica 14 novembre 2010

L’Italia è una Repubblica gerontocratica*, fondata sulla vecchiaia.


…..La sovranità appartiene ai vecchi, che la esercitano rincoglionendosi un po’ alla volta.
Già, perché nell’epoca dell’assenza di certezze, di ricerca di punti fermi che svaniscono e di riferimenti che si perdono, quella della vecchiaia al potere rimane una delle poche verità e consapevolezze che abbiamo in questo stanco, vecchio e immobile paese.
L’Italia è un paese per vecchi.
Non serve essere ispirati da dati che ci parlano di crescita dimezzata rispetto ai bei tempi degli anni 50’, e non possiamo consolarci nelle spiegazioni demografiche comprensibili semplicemente passeggiando in città, nel tentativo più o meno abile di schivare branchi di anziani soli o male accompagnati. Perché la vecchiaia che fa male all’Italia non sta nel nonno di turno che porta il nipotino al parco giochi, ma nel nonno di turno che presiede i consigli di amministrazione, la presidenza del Consiglio, della Repubblica, del rettorato universitario, delle municipalizzate, del consiglio nazionale della magistratura e di tutti i centri del potere.
Un’Italia in cui il presidente del consiglio ha 74 anni contro i 49 di Obama o i 57 di Tony Blair ( che comunque si è già ritirato), un’Italia in cui l’allora ottantacinquenne Andreotti disse che Napolitano era più adatto di lui a fare il presidente in quanto più giovane ( eh si, aveva ottant’anni!), un’Italia in cui nelle scuole è praticamente impossibile trovare insegnanti con meno di quarant’anni o presidi con meno di sessanta. Un’Italia ferma, con gli indirizzi mail dei vari direttori generali intasati perché tanto loro le mail non le leggono, perché non sanno come funzionano. Un’Italia in cui se hai meno di quarant’anni non sei considerato giovane, sei considerato un ragazzino a cui non affidare nemmeno una minima responsabilità.
Un’Italia in cui i giovani, magari trentenni, si sentono adolescenti for ever perché tanto è la sola cosa che gli si lascia fare, il solo luogo simbolico in cui rifugiarsi.
Lo diceva già Arnold Van Gennep, antropologo francese studioso dei riti di passaggio, quando nel 1909 pubblica a Parigi “Les rites de passage”, illuminante saggio in cui spiega che per passare da uno stadio all’altro ( ex. dalla condizione di celibe a quella di sposato) si deve passare per una fase di margine in cui ci si prepara all’entrata nella fase successiva( ex fidanzamento). Separazione, margine, riaggregazione, ma nella nostra Italia la fase di margine tra la vita infantile e quella adulta diventa infinita, una contemplativa e lunghissima attesa per abituarsi poi a stare dalla parte del potere, nella stanza dei bottoni in cui ci si riscatta per l’attesa durata una vita intera. E tutto si riperpetua.
Si lotta per assumere un senso e quando lo si assume ci si è ormai sporcati le mani dal sistema tanto odiato e ormai entrato nel proprio dna. Ed ecco allora il perpetuarsi del fattaccio, una nuova nomenclatura di vecchi al potere che sostituiscono altri vecchi ormai andati. Già, andati, non ritirati ma andati, perché come dice il già citato Andreotti il potere logora….chi non ce l’ha. Per questo non si ritira.
Facebook, mail, 3g, wi-fi, globalizzazione e internazionalizzazione, inglese fluently e net-working, business plan e workshop, green economy e long life learning…..termini difficili per chi è troppo giovane o troppo vecchio, non per chi sa bene che sono i termini che gestiscono la crescita economica di oggi, il futuro del domani.
Novità, cambi di rotta, di tendenza, intuizioni, ma tutto ciò non conta nelle menti di chi il potere ancora lo vuole tenere ben saldo a se stesso, lasciandosi scappare l’opportunità del cambiamento e perdendo il treno del progresso.
Un’Italia in cui il Bunga Bunga eccita e crea consenso, ma dell’alluvione più devastante degli ultimi 50 anni non se ne accorge nessuno. Tranne quei giovani con badile in una mano per spalare fango e I-Phone sull’altra per testimoniare l’evento, mentre i vecchi e geniali capi dei municipi aspettavano un fax ( strumento arcaico utile ormai solo agli archeologi) per essere avvisati di un disastro evitabile. Un’Italia in cui non si può liberamente navigare in internet senza essere schedati come terroristi, in cui esistono gli ordini professionali dalla forma medioevale e dal prestigio universale. L’Italia che la domenica mattina tira fuori il vestito buono per andare a messa e il pomeriggio grida sugli spalti degli stadi per sentirsi viva. Un’Italia ferma, che più ferma non si può. Ferma a studiarsi e specchiarsi, come una bella donna che a forza di stare davanti allo specchio invecchia mentre i suoi pretendenti si sono già stufati rivolgendosi ad altre bellezze.
Italia svegliati fuori, rottama i tuoi centenari Matusa al potere, tira fuori la voce e fatti ascoltare.
Partendo dai giovani, quindi una bella fetta di popolazione!
Almeno fino a sessant’anni.

Simone Ariot

8 commenti:

  1. Se un tempo vecchio corrispondeva a saggio al giorno d'oggi questa equazione non è più valida. Vecchio é arretrato, disinformato, obsoleto, lento. Lento a capire, lento ad agire, lento a pensare. Vecchia è l'Italia in cui non nascono bambini perchè alla sera le coppie guardano la televisione. Uno stato il cui Parlamento è un ospizio dove alloggiano personaggi malati di perversione e di onnipotenza. Dove se si dice che il futuro è in mano ai giovani non si incentiva l'istruzione, non si promuove la ricerca e i ragazzi sono i più svantaggiati. Un paese in cui il professore canuto e bacchettone è la regola e quello giovane e frizzante l'eccezione. L'innovazione l'utopia, il degrado la quotidianità.
    L'Italia rimane ferma e non si accorge che tutto il mondo la sta superando, che ormai la culla della cultura europea, ma anche globale, è destinata a calare il sipario.
    Cara Italia, per favore, non arrabbiarti quando da grande io abiterò all'estero, ma proprio non posso vivere in uno stato in cui non avrò un impiego fino a quando non spegnerò le ottanta candeline “di esperienza”. Preferisco partire e ricominciare la mia vita in una nazione straniera dove un trentenne al governo ha la fiducia del Paese e vecchi sono solo i nonni che viziano i nipoti. Devi capire, Italia, che non sei giovane e moderna se ti vesti da donna di strada, sei al passo con i tempi se sei in grado di avvertire i tuoi cittadini di un'imminente alluvione.
    Italia, cambiare è difficile, ma la Terra è in continuo mutamento: quello che è nuovo oggi domani è già da riporre in soffitta.
    Se non passi il testimone alla popolazione under 50 ti dovrai rassegnare a passare il resto dei tuoi giorni a giocare a solitario.

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  2. Federica hai scritto divinamente. Brava, forse chi da fuori sta leggendo si stupirà nel sapere che hai solo 15 anni.
    Complimenti ancora.

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  3. Grazie professore :)

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  4. ok Anita, il contenuto c'è, ma pure molti errori. Forse hai scritto un po' in velocità......rinnovazione non esiste!

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  5. Astou mi spiace deluderti ma il tasso di natalità in Italia magari fosse di 2/3 per donna. E' a mala pena di 1.41 ( 2009) quando la costanza della popolazione è garantita da un tasso di 2.1-. Ciò significa che se c'è costanza nella popolazione lo si deve solo all'arrivo di immigrati.

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  6. Salve professore, da quanto tempo! Mi dispiace di non essermi fatto vivo prima, ma tra la scuola e una buona dose di pigrizia del sottoscritto non ho mai avuto occasione di leggere con calma i suoi post. Noto con piacere che Parolefantasiose sta continuando a sfornare nuovi, frizzanti ed interessantissimi post (questo l'ho veramente apprezzato, complimenti!) e che tanti nuovi sostenitori suoi allievi producono commenti altrettanto ben strutturati (come quello di Federica Bertagnin, scritto veramente in maniera sopraffina!). Detto questo, devo ammettere che le sue ora di italiano mi mancano moltissimo... il lavoro dell'anno scorso è stato a dir poco fantastico! Leggere insieme in classe, andare in laboratorio e scrivere, scrivere e ancora scrivere, commentare i post dei vari blog alla sera... sono tutti momenti che mi mancano molto. Diciamo che le ore di italiano quest'anno sono leggermente differenti, e ho visto che Stefano gliene ha già parlato. Più di qualche volta in classe parte l'affermazione "Ragazzi, io rivoglio Ariot!". Ecco, volevo dirle questo, che tutti in classe nostra hanno veramente apprezzato il lavoro che ha svolto l'anno scorso con noi; e che rammarico di molti è stato quello di non prendere sin da subito sul serio le sue iniziative. A tutti i suoi nuovi allievi quindi consiglio di commentare, commentare e commentare ancora (vedo comunque che c'è buona partecipazione), che questa è un'occasione da non perdere (l'anno prossimo potreste ritrovarvi con un prof "canuto e bacchettone" come detto da Federica!). Bene, mi sono dilungato forse anche troppo. Le rinnovo i complimenti e auguro a lei e ai suoi nuovi liceali una buona continuazione di questo bellissimo progetto!

    Luca Mattarolo

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  7. Ciao Luca, scusa il ritardo ma ho sempre avuto qualche impedimento in questi giorni. Mi fa piacere sentirti, e ti ringrazio per le belle parole. Spero che ti vada tutto bene, a scuola e non solo. Aggiornami un po' quando hai voglia. E se un giorno passate dalle parti del Pigafetta, fatemi un fischio.

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  8. Si parla dei giovani scuotendo la testa. Si è considerati come un problema fin troppo rumoroso da mettere a tacere. Le manifestazioni del dissenso dei ragazzi, ad esempio quelle contro la Gelmini, vengono trattate superficialmente, dipinte da alcuni telegiornali come azioni criminali di pericolosi sovversivi e accomunando tutti i partecipanti nei gesti di violenza compiuti solo da una parte. E in tutto questo non si prova a scavare più a fondo, a capire cosa davvero spinge i ragazzi a scendere in piazza. Ci troviamo in un Paese dove i vecchi vogliono sembrare sempre più giovani mentre i giovani, quelli veri, non hanno la possibilità di dimostrare il loro valore. Le alte sfere del potere non pensano che qualcosa andrebbe cambiato, che i dati della disoccupazione giovanile siano disarmanti, che bisognerebbe puntare su delle idee innovative? Probabilmente no, dato che al posto di curare il malessere sociale delle nuove generazioni sono impegnati a risolvere i loro problemi personali. Quando, probabilmente tra qualche secolo, toccherà a noi governare l’Italia, potremmo non essere più capaci di farlo.
    Erano gli anni ’60 quando i Beatles cantavano “Nowhere man”, di un uomo di nessun luogo, che faceva i suoi progetti per nessuno e che non sapeva dove stava andando. Forse noi saremo, a molti decenni di distanza, la generazione dei “nowhere” senza lavoro, senza certezze, senza futuro. Oppure, dividendoci tra call center e altri lavori precari, quella degli “everywhere”, ovunque pur di racimolare una stipendio per vivere.

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