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mercoledì 23 dicembre 2009

Arrivano gli zombie


POST DAL CONTENUTO EMOTIVO INCENDIATO

Mercoledì 23 dicembre, ultimo giorno di scuola prima delle vacanze. Ora a disposizione. Per gli addetti ai lavori termine conosciuto, per chi non abbia mai insegnato le ore a disposizione sono quelle che un insegnante offre alla scuola per coprire e supplire eventuali colleghi malati.
Devo andare in una quinta, indirizzo scientifico. Prima di entrare in classe parlo con la loro insegnante di lettere e chiedo se può essere utile che vada avanti con il programma o, ancor meglio, simuli un colloquio d' esame. Risposta affermativa e dovuti ringraziamenti.
Entro in classe, è la penultima ora di lezione, ed essendo l' ultimo giorno di scuola non esiste la possibilità di un compito il giorno dopo o di un' interrogazione per cui studiare. Dovrei trovare quindi una classe disponibile, in teoria felice della possibilità che volevo offrire.
"Sono il prof. Ariot, insegno lettere, ho parlato con la vostra docente e possiamo andare avanti con Leopardi, da una prospettiva a cui non siete abituati, o simulare un colloquio d' esame, considerando che non vi conosco e quest' anno il commissario di lettere sarà esterno,quindi un buon esercizio per voi"
"Nooooooooooo"
"E' una possibilità che vi do, un favore che vi faccio disinteressatamente. Credo possa essere utile vedere come interroga un altro insegnante considerato che voi siete abituati con la stessa docente da anni".
Mi guardano come se avessi proposto loro di mangiare merda.
"Guardate che è una cosa senza voto"
Uno si alza , cambia banco, e mentre cammina "sinceramente......"
"ragazzi se non ve ne frega niente ditemelo subito, ribadisco che servirebbe a voi , non a me"
"sinceramente non ce ne frega niente"
Gli altri volti sono di persone in silenzio che non prendono posizione e decisioni. Mi guardano ma nemmeno troppo.
Percepisco la voce di una ragazza che timidamente dice ai compagni "io lo farei, se a uno non interessa fa a meno e non ascolta".
Subito si sente rumoreggiare, lei lo ripropone e il tipo di prima che dice "no no, è l' ultimo giorno".
"bene, non c'è problema, a me non cambia nulla."
Sbagliato, mi cambiava molto. Ero tremendamente incazzato per tre motivi.
1- rendermi conto che quella voce silenziosa non è riuscita ad imporsi
2- rendermi conto che in quella classe non c' erano persone ma fondamentalmente animali in procinto di diventare automi, o meglio, poveracci.
3- constatare che non sarebbe servito a nulla imporre la mia scelta in quanto quelli erano già fottuti a vita. E si vedeva anche solo guardandoli in faccia.

Cosa posso fare per i restanti 45 minuti? Considerando che l' ora successiva la mia classe doveva copiare il tema in bella copia non c'era argomento da ripassare, non avevo altri temi da correggere, né un quotidiano da sfogliare o un pc portatile in mano, né un cellulare smartphone con cui collegarmi ad internet. La sola soluzione possibile consisteva nell' osservare questo gruppo di presunti studenti. Forse, se avessi fatto lezione, potevo far capire loro che sono come le pecore del Canto notturno di Leopardi, animali che vivono giorno dopo giorno senza rendersene conto, senza sentire nulla, senza la coscienza di essere.
Che tristezza constatare questo.Un gruppo di diciottenni che per una volta possono farsi ascoltare su argomenti che hanno a che fare con la vita, e senza essere valutati da un voto, che rifiutano questa possibilità. E per far cosa? Ve lo dico subito: per starsene fermi a non far nulla per un ora. Questo è quello che hanno fatto. Non hanno letto un libro, non hanno nemmeno ascoltato musica. Qualcuno mandava sms pensando di non essere visto, altri parlottavano e a guardare le espressioni l' argomento poteva essere il sabato sera, la patente da fare, i regali di Natale........
Perchè un diciottenne non è interessato ad ascoltare una persona più grande di loro che propone una riflessione su un argomento che riguarda tutti?
Perchè si preferisce starsene muti e fermi come un automa invece di agire e far sentire la propria voce?
Perchè di fronte a uno che offre una possibilità unica la si scarta?

Ricordo quando ero studente. Un giorno viene a farci lezione un prof di un' altra classe. Entra, fa l' appello e comincia a parlarci dell' importanza dello studio del greco, di come questa lingua consenta di conoscere bene i significati delle parole e sia all' origine della cultura occidentale. Quel professore aveva anche un negozio di musica in città e al mattino insegnava latino e italiano. Era un mezzo genio poi quasi cacciato dalla scuola per i metodi che utilizzava, ma quella lezione, quell' ora di lezione, aveva cambiato qualcosa in me. Da quel pomeriggio mi lanciai nell' avventura di imparare il greco antico da solo, senza aiuto di nessuno, senza lezioni private. Ero in quinta liceo e mi sentivo inferiore ai miei amici del classico che studiavano greco. L' ho imparato? beh, almeno ho imparato a leggerlo e scriverlo, le parole principali, un minumo del sistema verbale. Se non fosse entrato in classe quell' insegnante io non avrei dedicato ore su ore allo studio di una lingua morta ma per un insegnante di lettere ancora preziosa. E tutto fu il frutto di un caso.
Ero affascinato da quell' uomo un po' strambo, che arrivava a scuola in bicicletta con una sciarpa rossa e i capelli perennemente spettinati. Credevo che in qualcosa potesse essere un maestro , che almeno avesse qualcosa da dire.
Beh, oggi qualcosa da dire ce l' avevo anch' io, ma nella classe che ho avuto davanti non c' era nessuno in grado di comprenderlo, salvo una persona forse, che non si è però battuta con il resto della classe per un suo diritto.
Triste realtà, soprattutto se questi fatti capitano in quella che è considerata la migliore scuola superiore della città.Un gruppo di ragazzi che dovrebbero poi andare all' Università e diventare classe dirigente. Oggi purtroppo è la prassi, anche al liceo, e allora non stupiamoci della disoccupazione, di un paese che va male e tanto altro.
Questa è la mia testimonianza prenatalizia, a meno di 48 ore dal mio trentesimo compleanno che sarà il 25 dicembre.
Comunque, come è andata a finire l' ora? Dopo dieci minuti di osservazione avevo i conati di vomito quindi block notes in mano mi sono programmato giorno per giorno ( non proprio) le attività per le mie vacanze. Almeno quell' ora è servita a qualcosa.
Trent' anni fa non sarebbe stato così, e si sarebbero potuti accendere dibattiti entusiasmanti. Ma un tempo, chi frequentava un liceo, era interessato e non schifava la cultura.
Oggi, nel miglior liceo scientifico dela città e forse della regione, si trova anche questo.
Ma siete tutti così? I destinatari privilegiati di questo blog, i ragazzi della 2ast, direi di no. O almeno lo spero. Nel caso contrario mi incazzo e li faccio tornare nella retta via.
E gli altri? Studenti perfettini e attenti ai voti, studenti inquadrati e dai risultati strabilianti, studenti che andranno alla Galileiana, alla Normale, ad ingegneria o tante altre belle eccellenze universitarie, siete tutti così?
Se ci siete battete un colpo, commentate e dimostratemi che non siete tutti così.
A chi invece si riconosce nella descrizione, i miei più sentiti auguri di natale, e soprattutto.......


Simone Ariot

venerdì 18 dicembre 2009

IO non aspetto


Non crediate di essere né i primi né gli ultimi ad ambientare un racconto all’ interno del vostro Liceo. Prima di voi illustri scrittori e ottimi giornalisti hanno scelto i corridoi di tetre scuole italiane o i giardini dei fantasiosi e forse mai esistiti college delle eavy league britanniche per consentire ai protagonisti più o meno squinternati di evolversi nelle loro azioni quotidiane. “Il Giovane Holden” che ben presto leggerete, “Dio di illusioni” ( Tartt), “Io sono Charlotte Simmons” ( Wolfe), “Prep” (Sittenfeld) e molti altri ne rappresentano un esempio. Probabilmente la scuola è un luogo dove tutti , chi più chi meno, hanno passato tempo prezioso della propria vita stimolando la fantasia più di molte innocue e banali case! Ma possiamo immaginare soprattutto che per l’ atmosfera di costrizione educativa che si respira e l’assoluta astoricità di molte lagne quotidiane, la scuola è e rimarrà realtà odiata a sufficienza da volerci scappare ma mai abbastanza da dimenticarla o non desiderarla diversamente. Abbiamo anche noi, nella dimensione del nostro liceo cittadino, un romanzo ( un vero romanzo) ambientato ( anche se non del tutto ufficialmente) in un liceo che potremo quasi identificare con il nostro. Si chiama “IO non aspetto”, ed è il prodotto della fatica di due insegnanti che si fanno rapire dalla trama della storia per portarci dentro una matrioska che scende sino all’ abisso della coscienza. Due professori ( un uomo e una donna) che si incontrano e decidono di scrivere un libro che parla di due professori che si incontrano, s’ attraggono e si lanciano nell’ avventura di un romanzo a 4 mani all’ interno del quale rinarrano le vicende di un’ altra coppia, questa volta non di insegnanti, alle prese con l’ amore, la quotidianità, l’amicizia, il lavoro……….
Federica Niola e Adriano Gennari sono gli autori insegnanti che spesso incrociate in corridoio , autori di un romanzo originale, spinto a tratti, che non risparmia battute di critica all’ambiente scolastico e a chi lo compone proponendo un’idea a tratti realistica dei momenti della scuola italiana. Una storia dentro la storia di una storia. Complicato?Matrioska? Meno di quanto si pensi. E sapete una cosa? Saranno loro a raccontarci come nasce e si sviluppa un racconto o un libro. Verranno a trovarci in classe!
E voi, giovani e promettenti scrittori? Siete pronti a perdervi tra i corridoi del liceo nel mezzo di una ricreazione, in palestra di notte o nell’ archivio blindato dove si depositano i compiti in classe? Siete sicuri di sapervi districare, almeno nella finzione, tra un insegnante inferocito e un altro timoroso degli studenti? E a cotte e cottarelle come state messi? Immagino abbiate diverse idee, io se fossi al vostro posto avrei da scrivere per centinaia di pagine per raccontare avventure sognate o capitate, come quella volta, l’ ultimo mio giorno di lavoro nella vecchia scuola, quando la sera della festa di fine anno, nel laboratorio di meteorologia………….
Simone Ariot
Io non aspetto, ex cogita editore, 12.50 euro

giovedì 10 dicembre 2009

Popolo Abruzzese, unitevi!!!





Uomini e donne teatini, abruzzesi,bombaroli ( comune di Bomba), rispondete al nostro appello, fatevi sentire e tirate fuori la voce, o meglio, le parole!!!!
Siamo lusingati dal sapere che c'è qualcuno tra Voi che ci segue regolarmente, tutti i giovedì e non solo. Perchè non vi presentate e non ci raccontate qualcosa? ad esempio perchè non rivelarci la vostra identità? abbiamo formulato diverse possibili soluzioni per svelare l' arcano mistero, ma non possiamo capire se la nostra capacità investigativa sia abbastanza buona!!!! Qualcosa su di voi la sappiamo, ad esempio che mediamente state sul blog per 6 minuti e 2 secondi, che nell' ultimo mese c'è stato un nuovo visitatore ogni due visitatori abituali, che l' 80% di voi usa Explorere e il 20% firefox,che nessuno ha il Mac e che la maggior parte di voi ci raggiunge attraverso una sorgente diretta, vale a dire digitando l' indirizzo internet senza arrivare direttamente dal motore di ricerca.
Siete stupiti?
Bhe, come vedete con le nuove tecnologie ce la caviamo e sappiamo sfuttarle bene.
Se ci dite chi siete potremmo anche rivelarvi la nostra fonte!!!!
Fatevi sotto, aspettiamo una rivelazione!!!!!
Basta che adottiate un profilo di anonimo e commentiate questo post.
Chissà, magari, se come sospettiamo siete una classe di scuola, potrebbe nascere un gemellaggio!!!!!

Simone Ariot

lunedì 30 novembre 2009

E' ancora possibile la poesia?



Domanda che si poneva, e soprattutto poneva alla platea svedese, Eugenio Montale quel 12 dicembre 1975 quando per la quinta volta un italiano vinceva il premio Nobel per la letteratura. È ancora possibile la poesia In un mondo nel quale il benessere è assimilabile alla disperazione e l’arte, ormai diventata bene di consumo, ha perso la sua essenza primaria?».
Questa è la domanda che pongo a voi, perchè dovreste essere più adatti a rispondere rispetto a qualsiasi adulto. Il vostro essere giovani, ancora non del tutto inquinati dalla cultura della vita e del libro, dalle nozioni e ancor più dall' esperienza che spesso rende gli individui più inumani, potrebbe offrire interessanti risposte. Cos'è la poesia? Sono solo versi sciolti o articolati, uno dopo l'altro, buttati giù più o meno velocemente che esprimono o vogliono esprimere qualcosa? O la poesia è anche altro? Poesia è aggettivo o nome? è fenomeno o noumeno? è essere o apparire? Montale diceva che si, è ancora possibile e sempre sarà possibile, che "non c'è morte possibile per la poesia". Poesia deriva dal greco, poiein che significa creare, ma nel tempo ha avuto sempre più un valore di attributo, una sorta di valore aggiunto al tutto.
Ieri sera, ad esempio, ho cenato a Chioggia a casa di una persona magnifica che apre la propria cucina alla gente. Il pesce che ci ha servito in tavola era delizioso, e ancor di più il modo che aveva di servirlo. In un ambiente buio, illuminati solo dal fuoco del camino, sentivo e vedevo poesia sprizzare da tutti i pori. Sentivo la purezza della sua persona e la voglia di essere se stesso facendo star meglio le persone. E' poesia anche questa, nonostante non vi siano versi? E' poesia una bellissima donna che cammina elegantemente passando inosservata? è poesia il volto di un bambino di pochi mesi che sorride alla madre? é poesia una montagna piena di neve? Una villa del Palladio, una spiaggia deserta?
Post malinconico, ma la giornata non offre nulla di meglio.
Simone Ariot

sabato 21 novembre 2009

Baaria: una piccola, grande storia italiana.



Vi sono film in grado di trasmettere sensazioni difficili da dimenticare, emozioni che si trasferiscono in colori e suoni che riportano il messaggio indipendentemente dalla presenza di volti noti tra gli attori o storie surreali nella trama. Possono essere esempi di piccole produzioni indipendenti o tentativi coraggiosi di esplorare generi e linguaggi poco frequentati, sta di fatto che, soprattutto nel vecchio continente, sia difficile trovare positivi riscontri critici nei confronti dei kolossal multimilionari, probabilmente per la pressochè totale assenza del genere nella dimensione del cinema europeo. Fino al momento in cui un regista schivo e appassionato non decida di cimentarsi ed impegnarsi anima e corpo nella realizzazione di un film tanto semplice nella progettazione quanto complesso nella realizzazione. Giuseppe Tornatore evolve la dimensione autobiografica di "Nuovo cinema Paradiso" con un film che lo ricorda ma allo stesso tempo lo supera. Il più costoso film italiano di tutti i tempi ricostruisce filologicamente, alla perfezione, un paese scomparso e sepolto dai ricordi, una Sicilia in trasformazione che viaggia fra i contrasti del meridione italiano driblando fra spinta all' innovazione ed attaccamento alla tradizione, dalle manifeste adesioni ad uno spirito di sacralità familiare alla volontà di ribellarsi alle imposizioni matriarcali. In Baaria si racconta una storia semplice, senza colpi di scena, una storia che potrebbe essere di tutti noi. Ma la si racconta con la forza del ricordo, con il sacrificio della pazienza, con la passione del frutto della fatica, attravreso una filologica ricostruzione di ambienti, costumi, dialoghi,musiche, tecnologie mai visti prima in un film italiano.
Non è semplice vedere ed apprezzare Baaria, un film per tutti se ci si ferma al primo livello di analisi (quello che ci porterà a dire " Film ben fatto"),ma allo stesso tempo film che diventa per pochi se si vuole entrare nel dettaglio della comprensione degli infiniti e continui riferimenti culturali disseminati nelle quasi tre ore di proiezione....
Dalle citazioni della strage di Portello della Ginestra ai nomi ( veri) dei sindacalisti ammazzati dalla Mafia. Dai versi dell' Orlando furioso cantati nei fienili dai cantari, ai detti siciliani ancora in uso nei paesini più isolati. Un insieme infinito di elementi che chi ha viaggiato con gli occhi aperti in Sicilia non può non notare, un insieme di testi e contesti che sprigionano malinconia da ogni dove.
Tornatore è un po' questo, un trionfo di riferimenti malinconici letti in chiave moderna, dalla parte di chi è consapevole che anche una storia normale, se aiutata dal contesto, può diventare una grande storia.
Simone Ariot

giovedì 12 novembre 2009

Ma dove vai, mammina in bicicletta!


Era una scena piuttosto frequente per chi ha vissuto l' infanzia sino agli anni 80', quando di mattina, pomeriggio, o talvolta di sera, flotte di giovani o meno giovani madri ( sicuramente meno fashion di quelle odierne)sfrecciavano in città come in campagna in sella a una bicicletta rigorosamente senza palo portandosi dietro un bambino non sempre leggerissimo. Sole o nebbia, vento o pioggia, quello era l' unico mezzo a disposizione per quelle molte donne che non avevano o non volevano avere un' auto. Anni in cui le mamme stavano a casa senza essere considerate svogliate, indaffarate come poche tra fornelli e assi da stiro. Pallavolo, scout o danza che fosse erano sempre pronte ad inforcare la bicicletta ( i caschetti che si usano oggi non sapevano manco cosa fossero) e si cimentavano nella consueta passeggiata. Senza rischiare di ricevere una telefonata poichè i telefonini grazie a Dio ancora non esistevano. Avevano la sola preoccupazione di arrivare a casa sane e salve con il loro pargoletto.
Oggi, queste scene non si vedono più, le mamme che riescono ancora ad andare a prendere i ragazzini a scuola hanno sostiuito le biciclette con i più invasivi SUV, mostri a quattro ruote ma altamente chic, e la scena descritta poco sopra rimane un ricordo dell' infanzia o è relegata alla realtà delle più lontane terre di campagna.
Questa mattina, nel traffico vicentino, mi è capitata una scena che non mi aspettavo.
Un padre (evidentemente l' emancipazione femminile ha trovato la sua strada) , sulla cinquantina, che pedalava energicamente trasportando nel portapacchi di una vecchia bici da donna una ragazzina di circa 12 anni.
Non ho potuto fare a meno di subire una sorta di operazione di flasback, un remeber dei tempi passati in cui il potere dell' immagine sblocca dal congelatore della memoria figure e ricordi ormai dati per dispersi. Ma c' era qualcosa di nuovo: alla guida della bici ( per giunta da donna), c' era un uomo, che sembrava pure felice.
Siamo arrivati alla parità dei sessi, anzi al superamento?
O, molto più semplicemente, complice la crisi, riscopriamo abitudini che, in fin dei conti, non erano poi così disdicevoli?
D' altra parte, il tragitto casa scuola può offirre occasioni validissime per il dialogo padre-figlia se attuate in modo ecologico, sempre che il padre sia disposto a pedalare e la figlia a farsi vedere in compagnia del padre ( in questo caso non alla guida di mercedes o bmw ma di una semplice , e sgangherata , bicicletta).
Saranno tornati i tempi umili?
Simone Ariot

p.s: spunto per un prossimo romanzo: abitudini di un tempo che se tornassero vi farebbero felici o vi renderebbero la vita un inferno.

martedì 3 novembre 2009

Potere alle parole ( nel web)!!!!!!


Basta poco per creare qualcosa di nuovo e di diverso.
Basta guardarsi intorno, cogliere l' ispirazione da un fatto già noto, vivo e vegeto e importarlo nella propria dimensione. Il progresso è anche questo, evitare di chiudersi in un mondo autoreferenziale ed aprirsi a quello che c'è lì fuori. Come abbiamo fatto noi con questo ( e gli altri ) blog.
Forse non pensavo che così velocemente sarebbero arrivati i primi riconoscimenti, e invece eccoci qua, a festeggiare i contatti che vengono da fuori del gruppo classe e, lasciatemolo dire,...si tratta di conttati autorevoli.
Il primo domenica. Leggo la mail e trovo questo messaggio, scritto da Davide Nonino, un web scrittore ( e non solo) che ci ha scovato nella rete:

Caro prof. Ariot,
le scrivo per complimentarmi per il progetto di scritttura creativa che sta portando avanti con le sue classi sia sul lato propriamente "scrittivo" che 2.0 con la rete di blog impostata con i ragazzi. Un esempio che le buone idee e l'entusiasmo nella scuola ci sono...dubito come sempre che giornali e tv segnaleranno un'iniziativa di questo tipo (preferiscono, si sa, mostrare le cose che non funzionano). Nel mio piccolo vi ho segnalati su Appunti di scrittura creativa (che su facebook ha un buon seguito di 600 iscritti)

http://appuntidiscritturacreativa.tumblr.com/post/229844547/scuolascrittura

dove raccolgo le migliori risorse gratuite del web per scrivere meglio e tutti con l'idea di condividerle (sperando possano essere utili anche a voi). Ho cercato di commentare sul blog del progetto ma non mi pare sia andato a buon fine. Se può girare i complimenti anche ai suoi studenti.

Un caro saluto

davide

--
Davide Nonino
web writing/gestione contenuti on-line

p.s: ( non sarebbe male intervenire nel suo sito/blog per raccontare la nostra esperienza).
Vedete che vale la pena sperimentare?! Senza fare alcuno sforzo ci hanno trovato e si sono fatti vivi con tanto di complimenti.
Ma non è finita qua. Questa mattina mi ha telefonato Radio 24, una delle maggiori radio italiane, del gruppo del "Sole 24 ore", per chiedere un mio intervento alla trasmissione di Gianluca Nicoletti "Melog 2.0" ,una delle trasmissioni radiofoniche più seguite e apprezzate, che oggi si occupava di scuola e di insegnanti. Ho subito colto l' occasione per parlare del nostro progetto e di quello che stiamo facendo e se volete potete riascoltare la replica questa sera alle ore 22.00 alla frequenza 101.3 o 106.8 o più semplicemente scaricarla al link http://www.radio24.ilsole24ore.com/player/player.php?filename=091103-melog.mp3 ed ascoltarvela per conto vostro.
Tutto ciò ci impone di impegnarci/vi sempre di più. Quindi ora parlo soprattutto a voi editor: sappiate che ci sono altre persone che vi leggono, cercate di migliorare il più possibile il vostro lavoro di correzione e il labor lime deve produrre un risultato sempre più fine. Per scrivere ci vuole tempo, quindi prendetevi tutto quello che vi serve.
Potere alla parola quindi ( per il momento su web) e buon lavoro!!!!!!!

Simone Ariot

domenica 25 ottobre 2009

Cibo&Parole


Amo cucinare. Più precisamente, amo sperimentare in cucina, nel pieno e confusionario disordine tipicamente maschile di chi cucina non per necessità ma per vezzo.
Abituato fin dalle origini a protestare sulla cucina altrui, ad un certo punto mi sono dovuto cimentare io, un po' alla volta , per ricavarne fuori qualcosa.
La cosa interessnate è che mi è piaciuto molto, soprattutto se si tratta di cucinare per altri e non solo per se stessi. Forse centra anche il fatto che alle donne gli uomini che cucinano piacciono, e quindi è doveroso imparare, ma nel mio caso direi che l' aspetto più attraente è legato alla sperimentrazione, all' uso della creatività e degli ingredienti da mescolare e proporre.
Vedo la cucina come la vita e gli ingredienti come le parole della lingua, in questo caso la nostra lingua. Messe insieme fanno delle frasi, più o meno belle, più o meno colte, più o meno comprensibili. Ci sono momenti per alcune frasi che messe in sieme producono un testo, magari comico ,nostalgico, poetico o sessuale. Allo stesso tempo gli ingredienti possono trovarsi bene o male fra loro, dando vita a una combinazione infinita di piatti e portate che escono una dopo l' altra dall' amata/odiata cucina.
Manzoni diceva che il romanzo è come un pianoforte con il quale poter suonare di tutto e io dico che lo stesso concetto vale anche per la cucina, perchè le note sparse ( ingredienti) possono creare sonorità inaspettate che ci allietano e accompagnano in uno dei momenti privilegiati della socialità: il pranzo o la cena.
A me piace cucinare soprattutto quando sono in vacanza, con amici e amiche, magari in una cucina all' aperto e mai per meno di 4 persone. Mi piace andare a fare la spesa al mattino presto, magari al mercato, e riordinare tutti i prodotti sul piano di lavoro vicino alla cucina. Quando sono in montagna cucino in un piccolo angolino, ma con il tempo ho imparato ad organizzarmi bene, mentre al mare ho a disposizione spazi più grandi, magari all' aperto. Da qualche anno ho contagiato gli amici e tutte le estati, il 21 giugno, ci facciamo un week end in spiaggia, con le tende e una sorta di cucina improvvisata ma dotata di tutto il necessario: barbecue costruito con quanto di utile si trova in spiaggia, piani di lavoro costituiti da vecchi bidoni usati dalle navi per il trasporto di liquidi.........
A volte, ho la possibilità di cucinare a casa di un amico che per lavoro costruisce cucine. Siamo a Vicenza e se vi dico che si tratta di cucine di lusso non ci mettete troppo a capire quale sia il marchio: pensate che a casa sua la cucina è in una stanza da 150 mq, sembra di essere al ristorante e cucinare li è fantastico. Per uno scrittore sarebbe come poter scrivere un racconto nella biblioteca più bella del mondo, contornato dai libri che hanno fatto la storia.
Ma quando si crea un piatto nuovo, che forse qualcun altro ha già preparato o preparerà, si deve attribuirgli un nome. Che piatto sarebbe senza nome? Che romanzo sarebbe senza titolo?
Tra le mie creazioni quella di cui vado più fiero è il "Piatto del marinaio povero". Si tratta di una variazione sul tema di un piatto che mi ha insegnato uno skipper, quando nel 2004 mi trovavo con lui e gli facevo da secondo ( significa aiuto skipper) in una traversata. Il nome lo si spiega immediatamente: Gli ingredienti sono talmente economici che con 4 euro si può cucinare un piatto di pesce per dieci persone. Alici ( quelle in foto) appena scottate in padella con olive nere, pomodorini, cipolla, peperoncino e prezzemolo. Esteticamente è divertente da vedere, ci sono i colori vivaci come il rosso, il verde e l' effetto metallizzato delle alici......
Ma se penso ad altri piatti, questa volta non miei, mi vengono in mente nomi straordinari, che spiegano molto bene il potere suggestivo della parola.
"Note di zenzero dal deserto marocchino", " Ricordi di un passato im-bufalito" " sogno di un oriente mai visto" sono solo alcuni tra i bizzarri nomi che nel corso delle mie peregrinazioni enogastronomiche ho incontrato.
E voi? Quali nomi curiosi di ricette conoscete?
Per fonti e ispirazioni gastronomiche, vedi il link in alto a dx


www.ilgastronauta.it
www.dissapore.com

Simone Ariot

martedì 13 ottobre 2009

Vecchia e cara libreria.



Oggi le farò visita. Forse potrò dedicarle solo poco tempo, i cinque minuti necessari per salutare i gestori, prendere i 19 volumi dei Piccoli maestri, pagare e andarmene. Si, oggi dovrò fare le cose di fretta perchè il tempo, lo sappiamo, non è mai abbastanza, ma vorrei comunque spendere due parole per parlare delle librerie, questi luoghi a molti sconosciuti e portatori di mistero.
Ricordo che un tempo entravo in libreria furtivamente, insospettito e fortemente timoroso dell' aria che si respirava all'interno. Quell' ammasso di libri dalle colorate copertine mi attraeva come può attrarre qualcosa di sconosciuto e pericoloso. Piano piano poi, nel corso degli anni, ho comuinciato ad entrarci diversamente, prendendomi il tempo necessario.
Le grandi librerie, quelle con i commessi che arrivano solo se lo chiedi tu, di certo non facevano al caso mio. Avevo bisogno di trovare una piccola libreria, più a misura d' uomo, dove poter scambiare qualche parola con il libraio, farmi consigliare o semplicemente ascoltare.
La mia prima libreria l' ho scovata per caso, passeggiando fra le strade di Vicenza. Avevo 17-18 anni circa ( qui lo confesso, prima della maggiore età leggevo molto poco e male)e una piccolissima libreria aveva attirato la mia attenzione. Era di sicuro la più piccola che avessi mai visto, con molti libri ammassati e allo stesso tempo ordinati, uno sopra l' altro a creare grazie alle copertine colorate giochi cromatici ogni giorno diversi. Il primo giorno che entrai non comprai nulla, limitandomi a dare un' occhiata. In cassa c' era Silvia ( il nome l' ho scoperto solo dopo molti anni)e si capiva non fosse una semplice commessa. La libreria era sua!!!!Ogni tanto, al posto suo, c' era la madre, una nota insegnante di filosofia del più antico liceo cittadino, e altre volte il padre, una figura che mi ha sempre affascinato: un intellettuale che proveniva dall' esperienza della grande imprenditoria veneta, una di quelle persone che oggi in giro non si vedono più.
In questa piccola libreria ho comprato i miei primi libri, e mi piaceva entrare e parlare con calma con Silvia o il padre. Li, ho avuto la mia prima educazione alla lettura. Poi, purtroppo, le logiche della grande distribuzione hanno costretto Le Scie a chiudere , soffocati dalle grandi catene di librerie dove trovi sempre quello che non cerchi. Silvia divenne un' insegnante di lettere e fu così che approdai da Traverso, storica libreria vicentina dalla gestione famigliare. Molto grande, troppo per i miei gusti, ma il personale mi è subito piaciuto. Oggi è la mia libreria di riferimentoe e quando vado mi sento un po' a casa. Le signore Traverso sono molto gentili e amano il libro, a differenza di molti commessi che stanno nelle super rivendite della Fetrinelli o giù di li, e i commessi sono preparati. Mi piace citare Giovanni, che studiava con me alla facoltà di lettere. Chiedere consiglio a lui è una cosa saggia. C'è una garanzia di competenza che proviene dalle pagine e pagine di studi fatti al dipartimento di filologia contemporanea dell' università di Padova.
Voglio citare altre due librerie che considero molto bene. In una a dir la verità ci sono stato solo poche volte. E' molto piccola, all' incrocio tra Corso Palladio e contrà San Gaetano da Thiene. Si chiama Montesello, è una libreria che sembra un piccolo labirinto, con un piano rialzato raggiungibile attraverso delle scricchiolanti scale in legno. Potete trovare libri in edizioni rarissime e dal costo molto basso,perchè sono tutti in saldo. Libreria piccola ma veramente d' altri tempi, consiglio un giro.
L' ultima libreria che vi propongo è a Bassano.
Questa è una signora libreria, si chiama Palazzo Roberti. All'interno di un bellissimo palazzo del XVII sec. una grande libreria a due piani, veramente ordinata ed elegante( la foto la ritrae) dove ci si può accomodare su un divano per sfogliare un libro che interessa. Consiglio di prendersi un intero pomeriggio, magari invernale, per visitarla, e di non soffermarsi al semplice giro ma sedersi su di un divanetto con un libro in mano. Per quanto mi riguarda, in questa libreria consiglio di concentrarsi soprattutto sui libri fotografici e di genere, introvabili in una così vasta scelta in qualsiasi altra libreria vicentina.
Ora, vorrei che mi raccontaste qualche vostra esperienza nelle librerie, se già ne avete fatte!!!!

Simone Ariot

mercoledì 7 ottobre 2009

Scoprendo Forester



Questa è una storia di un incontro che può cambiare e reindirizzare una vita. Ai più fortunati succede, nel mare magnum dell' esistenza, di trovare qualcuno che aiuti a comprendere meglio chi siamo e cosa vogliamo. Magari bruscamente, magari attraverso uno scontro più che un incontro. Ma succede.
Altri invece lo aspettano tutta la vita e forse non arriverà mai.
Parliamo di figure guida, persone con più esperienza senza le quali abbiamo difficoltà a prendere decisioni o più semplicemente restiamo spaesati.
Può essere un genitore, un nonno, un amico più grande, un insegnante, un medico o un quasi perfetto estraneo che in un modo o nell' altro ci faccia sentire meno spaesati.
A Jamal, il protagonista del nostro film, è successo quando meno se lo aspettava.
Chissà cosa sarebbe successo se non avesse fatto questo incontro, se non ci fosse stato un vecchio e scorbutico signore che lo stimolava, provocandolo, ad essere migliore, a non fermarsi molto facilmente, ad andare avanti anche quando risulta difficile. Non solo, le vere amicizie, i veri incontri importanti, diventano bidirezionali. Chi impara a sua volta insegna e non ci si ferma all' etichetta che vuole un docente e un discente. Tutti imparano da tutti.
E' emozionante questo film, soprattutto perchè l' incontro avviene, come nelle storie più belle, tra chi appartiene a due mondi molto diversi e nonostante ciò riesce a comunicare, magari con una certa difficoltà iniziale, ma comunque ci riesce.
E voi, avete già fatto un incontro importante che possa cambiarvi la vita? UN "maestro" che diventi un punto di riferimento?
Rispondetemi numerosi, ma dopo aver visto il film.


Simone Ariot

giovedì 1 ottobre 2009

"I Piccoli maestri"



Era settembre del 1998, undici anni fa.
Avevo da poco finito il liceo e aspettavo intrepido l' inizio dell' Università.
La settimana del cinema di Venezia stava per concludersi e non avevo ancora avuto l' opportunità di andarmene al Lido per gustarmi qualche film perchè tra treno, vaporetto e biglietto ( probabilmente già esaurito) avrei speso troppo e le mie finanze dell' epoca non mi permettevano troppe pazzie.
Ma per fortuna, quelli del festival, avevano pensato anche ai giovinastri come me allestendo alcune proiezioni in un mini cinema di Mestre e rendendo il tutto più economico. Quella sera, l' ultima sera, davano "I piccoli maestri", trasposizione cinematografica del romanzo di Meneghello del 1964, messo in scena da Daniele Lucchetti.
Forse per il titolo che chiaramente attraeva un neo maestrino appena uscito dalle magistrali come me, forse per il cast di attori del calibro di Stefano Accorsi ( quello di Two Gust is megl che One), Giorgio Pasotti, Stefania Montorsi che all' epoca erano visti dalla mia generazione come il modello da seguire, forse per quell' ambientazione mezzo vincentina, con le montagne dell' altopiano e i colli protagonisti o forse semplicemente perchè il trailer era bello, ed ecco che quella sera, forse per la prima volta, me ne sonon andato al cinema in solitaria.
Prendo la mia vecchia y10 rossa, entro in autostrada e tutto baldanzoso me ne arrivo a Mestre. Li il mio stupore nel constatere che la sala cinematografica era strapiena, senza un posto libero. Ma il modo di fare d' altri tempi del custode del cinema mi spingeva all' insistenza per ottenere di entrare ugualmente. Come me molti altri. Si insiste si insiste si insiste fino allo sfinimento ed ecco che abbiamo ottenuto ciò che ci eravamo prefissati. Seduti stipati sotto il palco, costretti in contorsionismi da circo per riuscire a vedere lo schermo, finalmente ci si poteva gustare il film. E che film!!!!
Nell'autunno del 1943 alcuni amici, studenti universitari decidono a loro modo di opporsi all'invasione nazista dell'Italia e partono per l'altopiano di Asiago con la voglia di ad unirsi ad altri gruppi di partigiani. Ben presto però i ragazzi si accorgono di essere tanto bravi sui libri quanto poco bravi a fare la guerra.
Chi come me non poteva che conoscere la guerra solo dai libri di scuola o dai racconti dei nonni, in quel momento si immedesimava immediatamente nell' atmosfera del film e soprattutto del cinema, pieno zeppo di ragazzi e ragazze che semplicemente guardando un film si emozionavano.

Piccoli Maestri è stato per me una sorta di rito di passaggio verso l' indipendenza e l' autonomia, e ancora oggi ricordo quei momenti con una certa nostalgia.

Sono curioso di scoprire queli emozioni, a distanza di 11 anni, possa invece offrirmi la lettura del libro, insieme ai miei "piccoli maestri" sdi 2ast.
E voi, ricordate un film che non solo per il contenuto ma anche per il contesto in cui l' avete visto rappresenta un' esperienza indimenticabile?
Chiaramente il film lo guarderemo insieme alla fine della lettura del libro!!!!


Buon ricordo

Simone Ariot

venerdì 25 settembre 2009

Manifestatamente



Buon giorno ragazzi,

oggi è stato un giorno importante, per voi.
O almeno per una parte di voi.
Per quella parte più consapevole e matura che ha scelto e ha preso una decisione. Non so se ve ne siate stati a letto a poltrire o in piazza a manifestare, ma questi ultimi sappiano che li stimo.
Non per la motivazione di fondo, che a dir la verità non conosco troppo bene e che nemmeno mi interessa, ma per l' aver voluto scegliere, prendere una posizione.
Le manifestazioni scolastiche sono spesso momenti formativi per sentirsi responsabili e portatori di una minima coscienza politica, per sentirsi piccoli uomini e piccole donne che stanno camminando verso l' età adulta, un' età in cui per dire le cose non si deve necessariamente gridarle, ma obbligatoriamente misurarle.
Ora, per vostra fortuna, siete in un ' età in cui ci si può permettere anche di gridarle ed essere estremi nelle scelte.
Ricordo quando alla vostra età partecipavo agli scioperi: non me ne perdevo uno. Quei giorni arrivavo a scuola addirittura in anticipo e me ne stavo davanti all' entrata a convincere i compagni che volevano entrare che la cosa migliore era scioperare. Sicuramente ci mettevo tutto me stesso, anche di più di quando dovevo convincere un prof. a darmi un risicato 5/6......
Verso i 17 anni poi mi sono trovato ad essere uno di quelli che gli scioperi li organizzava. Ricordo il lavoro che c' era da fare nei giorni precedenti: organizzarsi con gli altri rappresentanti d' istituto, stabilire il percorso del corteo, contattare i giornalisti, andare in questura per dare la comunicazione ufficiale del percorso e soprattutto prendersi le responsabilità legali del tutto, che non era poco.
Beh, insomma, avete capito che ero una testa calda. Ma in quelle occasioni sono cresciuto. Non era solo il conoscere nuovi amici e nuove amiche, non era solo il cantare slogan che magari nemmeno del tutto si capivano, marciare e camminare per km portandosi dietro uno striscione da sostenere in 7-8 persone da quanto grande era o ritrovarsi tutti in Piazza dei signore, tirare fuori le chitarre, e suonare One degli U2 per sentirsi più uniti ( e sopprattutto per sentire più vicine le ragazze.....).
Era la prima volta che il mondo ci chiedeva cosa ne pensavamo di una cosa che ci riguardava, e a noi dichiararlo non bastava. Dovevamo gridarlo.
Difficilmente capita da grandi di trovarsi in queste situazioni, che ora rimpiango molto e ricordo con molta nostalgia.
Non centra nulla con la letteratura, ma proprio in quelle occasioni una persona si sente un po' come dentro un romanzo, magari che racconterà prima o poi a qualcuno.
Siete pronti anche voi? Questo potrebbe essere uno spunto per l' argomento del vostro primo racconto, o anche no, dipende se vi prende bene.
La prossima volta, se non ci sono da sistemare alcune cose nei blog ( dovrebbero essere sbloccati per lunedì), vorrei che ogni gruppo discutesse ( senza far casino e con il massimo del rispetto) dell' argomento da trattare nel vostro primo racconto. POi, se rimane tempo, si andrà avanti un po' con la scelta del romanzo.
Buon Week end.


Simone Ariot

martedì 22 settembre 2009

Una scelta difficile




Ragazzi, eccoci qua!

E' da una settimana che mi informo, chiedo consigli, visito librerie per cercare di capire quale possa essere il terzo tra i tre romanzi che dobbiamo leggere insieme. Gli ultimi due li ho scelti, ma il primo ancora no.
L' ultimo sarà Jack Frusciante è uscito dal Gruppo, un bel romanzo che ho letto quando avevo 16 anni e che tutti all' epoca ( beh, non proprio tutti, ma molti, o per lo meno, le persone più interessanti) hanno letto. POi c'è il giovane Holden, di cui qualcosa sapete perchè abbiamo fatto ua lettura l' anno scorso.
Per il primo, quello "più grosso", sono indeciso tra una quindicina di libri, tutti appartenenti al filone dei romanzi di formazione.
"Il rosso e il nero" Sthendal
"L' educazione sentimentale" Flaubert
"David Copperfield" Dickens
"Ragazzi di vita" Pasolini
"Agostino" Moravia
"Il sentiero dei nidi di Ragno" Calvino
"La ragazza di Bube" Cassola
"Il partigiano Jonny" Fenoglio
"Il sergente nella neve" Rigoni Stern
"Gli indifferenti " Moravia
"Il giardino dei Finzi Contini" Bassani
"Due di due" De Carlo
"Il signore delle mosche" Golding

Insieme, al pc, dopo aver registrato il vostro blog ( cosa che vale anche per chi ha preso l' iniziativa senza aspettare i dettagli e le indicazioni precise), ci faremo un' idea su questi romanzi. I primi due totalizzano circa 320 pag, ma sono più veloci dei Promessi Sposi. Il primo libro potrebbe essere da 300 pag. circa, anche un po' di più.
Vediamo cosa verrà fuori.
Il tema, romanzo di formazione, l' ho scelto perchè è un argomento che va incontro alla vostra ( e anche un po' mia ) dimensione, avendo inoltre una buona contestualizzazione didattica. Ciò significa che non ci farà storie nessuno!
Buon lavoro e buon pensiero.


Simone Ariot

domenica 13 settembre 2009

Non è mai troppo presto


Invertiamo le regole e la prassi. "Non è mai troppo tardi" è quella classica frase che ci siamo tutti sentiti dire da genitori, insegnanti, amici, fidanzati.........divenendo intercalare quotidinao e applicabile a infinite situazioni .

Per noi, per voi, non è mai troppo presto.

Perchè a noi piace partire da lontano e dal contrario di tutto e di tutti, piace distinguersi e tentare nuove strade e nuove sfide. Piace osare e provocare, faticare e cazzeggiare. Siamo studenti e insegnanti, lavoratori e vacanzieri. Siamo tutto e il contrario di tutto, ma soprattutto, quest' anno, saremo e sarete scrittori.
Parolone impegnativo e spaventevole, antico e autorevole, per noi sarà divertente, terapeutico e catartico.

Prima ancora di vederci vi scrivo e vi preparo al viaggio che compiremo insieme in quest' anno scolastico......e perchè no forse anche nei prossimi.

Mantenendo lo stile che ci ha caratterizzato l' anno scorso saremo sperimentatori e sperimentati di un nuovo modo di fare scuola, tanto on quanto off line, tanto virtuale quanto reale.

Il nostro bel romanzo storico ce lo siamo letti e gustato, e chi l' ha odiato si è fatto un'idea della sua importanza. Ci è servito per capire meglio il mondo del 600' e quello dell' 800', per conoscere il ruolo dell'uomo e della donna in quella società, il conflitto tra clero e nobiltà, ricchi e poveri, furbi e sprovveduti. Abbiamo capito che un romanzo è un modo come un altro, forse migliore, per comprendere il mondo, la vita e i conflitti che in essi vivono e si riproducono, anche se ambientati in un mondo che non è più il nostro.

Quest'anno continueremo l'esperienza e leggeremo insieme almeno due romanzi, uno dei quali lo concorderemo insieme, e ci dedicheremo a un nuovo, spero entusiasmante e sicuramente innovativo progetto didattico: scrivere un romanzo.

Non lo scriverò io, lo scriverete voi.

Come?

Non vi do ora altre notizie, preferisco in questo caso usare la parola che si ascolta, quella con un suono, quella che come dicevano i latini "....volat".
Una cosa è certa:Saremo i primi, e forse i soli, a sviluppare un percorso simile attraverso un blog.
Questo è il mio. Ma il vostro, molto più importante, lo creerete voi.

Cosa state aspettando?!


Simone Ariot