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sabato 23 aprile 2011

Vacanze permettendo.

Buongiorno a tutti.
Non vi avevo avvisato, può capitare.
Sono in vacanza......dove? Segreto.

Appuntamento a mercoledì 27, nel posto in cui mi trovo la mia mente si sta scollegando, evidentemente mi serve una vacanza totale.

Simone Ariot

mercoledì 13 aprile 2011

Indossare la divisa. Scolastica

Tutti in divisa appassionatamente. Ciò che in Inghilterra, Australia, India e molti altri paesi risulta essere un'usanza più che consolidata, in Italia non decolla e nemmeno se ne parla più di tanto. Ma a ben scrutare la cartina tematica della diffusione delle divise scolastiche, si può ben comprendere quanto l'adottare le uniformi scolastiche rappresenti ormai la regola nella maggior parte delle scuole del mondo. Nasce come tradizione anglosassone per distinguere i college nelle gare di canottaggio, poi si diffonde in lungo e largo per la praticità che garantisce, ma non solo. Nei paesi in cui la divisa scolastica è realtà, si ha una percezione diversa dello studente. Questo non è semplicemente un adolescente che va a scuola, ma una persona con un suo ruolo sociale, una sua identità, una sua forma. Gli studenti, in questi paesi, sono studenti e riconosciuti come tali. Per noi italiani, creativi e individualisti, l'idea della divisa è stata accettata solo nelle forze dell'ordine, e nella scuola quasi mai, salvo il pratico grembiulino dell'asilo, pensato soprattutto per risolvere i problemi di macchie di colore che i bambini nella fascia 3-6 anni sembrano conoscere molto bene. Ma per quanto riguarda la possibilità di offrire una divisa scolastica ai liceali, solitamente vi è da parte del mondo adulto, degli insegnanti e dei genitori una certa diffidenza. Si tende ad associare la scelta ad un vezzo, alla voglia di distinguersi tanto osteggiata da uno spirito catto-democratico perbenista, anche se in realtà l'uniforme rappresenta un gran segnale di democrazia. Gli studenti con le uniforme risulteranno tutti uguali, non potranno fare a gara a chi supera per primo i 1000 euro indossati, a chi è sempre attento a mettere ben in evidenza marchi a caratteri cubitali, a chi si dimentica che la classe non è una piscina comunale e si presenta in shorts ed infradito da aprile in poi. L'uniforme in più presenta un capo d'abbigliamento simbolico come la cravatta, dall'utilità pratica pari a zero ma dalla fortissima valenza simbolica. La cravatta indica la formalità di una situazione, la sua serietà.
Faccio outing e lo dichiaro, sono un filo-uniforme, le promuoverei immediatamente in ogni scuola, non solo per le motivazioni sopra esposte, anche per una questione puramente estetica. Trovo le divise generalmente eleganti, belle, interessanti e identificative, pronte a trasmettere un messaggio d'appartenenza che esprime chi la indossa. Inoltre, noi italiani potremo saper scegliere uniformi molto più belle di quelle inglesi e indiane. Volete mettere il Made in Italy?
E voi? cosa ne pensate?

Simone Ariot

domenica 3 aprile 2011

Tutto questo per un goal?


Siamo in Egitto ma avremo potuto essere in Italia, Francia, Inghilterra o Messico. Cambiando la location il risultato non cambia, potrebbe dire un matematico. Perchè se è vero che il calcio è uno sport di massa, seguito da tutti senza distinzione di classe e ceto, è altrettanto vero che in questa arena chiamata stadio si manifestano spesso i comportamenti più lontani dallo sport, dai valori che dovrebbe trasmettere. In uno stadio Egiziano feriti e risse con inseguimenti dell'arbitro hanno aggravato di un ennesimo problema un paese che non dovrebbe aver voglia di averne altri. Eppure, la violenza negli stadi è all'ordine del giorno ed è triste notare che riguarda soprattutto lo sport nazional popolare italiano per eccellenza: il calcio.
E se si sprecano proposte di legge e corsi per diffondere nelle scuole le buone pratiche sportive, gli stadi di tutto il mondo continuano a mietere vittime (quando va male) e sprechi pubblici. Perchè forse nessuno ci pensa, ma mentre le città avrebbero bisogno delle forze dell'ordine per molte cose che non vanno, queste sono impiegate a calmare gli scontri allo stadio, a spese della collettività. Non so se ve ne siete mai accorti, ma provate a pensare quanti soldi pubblici sono impiegati solo per bloccare le tensioni alle partite di calcio, momento tra l'altro che dovrebbe essere caratterizzato dalla tranquillità e dalla felicità. Forse sono fuori moda nel pensarlo, ma non riesco proprio a comprendere perchè un essere umano debba sfogarsi in questo modo. Decine di ultras che non guardano nemmeno la partita, impegnati solo nell'organizzare lo scontro alla fine del match o nel mezzo. Intanto i calciatori guadagnano milioni, il lunedì le pagine dei quotidiani nazionali parlano più di calcio che di cronaca e giovani e meno giovani per lo più disturbati si trovano dentro un'arena per dar sfogo alle proprie frustrazioni. Io proprio non lo capisco. Che si trovino una donna e si divertano in un modo più sano.
Simone Ariot