Translate

domenica 18 aprile 2010

Sunday morning

Domenica mattina la pioggia sta cadendo.
Comincia così questa canzone dei Maroon Five, descrivendo quell'atmosfera che più si va avanti più s'impara a riconoscere non solo dal calendario ma da un miscuglio di sensazioni, sapori, odori, abitudini.
Già, ma perchè deve piovere quasi sempre la domenica mattina? forse per farci venir voglia di starcene a letto, di poltrire senza alzarsi, sfogliando una rivista o navigando a casaccio con il nostro notebook. Un tempo la domenica mattina era sinonimo di solenne messa, solenne ritrovo per salutare qualche compaesano, solenne pranzo di famiglia e spesso e volentieri solenne noia che ne scaturiva. Oggi la domenica mattina è sempre più uno spazio di attesa, un momento fuori dal tempo, non normalmente scandito da ritmi frenetici e impegni che infittiscono l'agenda. Una sorta di tempo sospeso. Già Leopardi nel "sabato del villaggio" ce lo diceva bene: la domenica è l'illusione della felicità, è il constatare che se ne andrà velocemente riportandoci nei nostri grigi e quotidiani lunedì martedì mercoledì giovedì venerdì , per poi trovare il sabato ( non del mattino purtroppo) in cui poter assaporare la fine del tram tram. Per il nostro amico poeta era proprio il sabato il momento migliore, perchè portava l'illusione della felicità del giorno dopo, felicità che non sarebbe mai arrivata!
Ora sto qui, sul letto, sveglio da tre ore ma senza la voglia di alzarmi a fare e non fare molte cose, aspettando l'ora di pranzo. La domenica mattina, a meno che non si sia programmato qualcosa, la vedo un po' così. Preferisco di gran lunga il sabato mattina, anche se da due anni a questa parte purtroppo lavoro. Il sabato mattino e la sveglia alle nove, doccia con calma, uscita per comprare i giornale, colazione da Sorarù, qualche volto che non vedevo da tempo per il più classico "E chi si vede? come stai, ti vedo bene" e falsità varie, passeggiatina e visione delle donne più belle. Perchè chissà perchè, ma il sabato mattino le donne sono più belle e raffinate.

Simone Ariot

lunedì 5 aprile 2010

Quando i media si trasformano



L' M.I.T è un posto speciale. Le migliori menti del mondo se ne stanno lì, a volte in una quasi assenza di socialità, a sperimentare tecnologie e algoritmi che spiegano le più grandi innovazioni o scoperte dei nostri tempi. E' una sorta di tempio del progresso, qualcosa che supera Harward perchè più che posto dove studiare è un posto dove inventare e innovare. Giovani ricercatori a cui sono affidati milioni e milioni di dollari per sperimentare le loro idee. Henry Jenkins al MIT ( da pronunciarsi emmaitì) è direttore del Comparative Media Studies Program dove si occupa del rapporto tra cultura umana e nuove tecnologie,oltre ad essere autore di numerosi saggi di successo. In questo nuovo libro, con piglio decisamente anglosassone, il prof. Jenkins analizza un presente dominato da un cambiamento in atto in cui le nuove tecnologie la fanno da protagoniste. Un cambiamento che non è solo sulla carta e riferito alla tecnologia, ma alla ripercussione che sta avendo sugli individui. Sta cambiando il modo di imparare, di informarsi, di valutare le cose, di interagire con i propri simili, di organizzarsi la vita. Un cambiamento talmente veloce che rimanere al passo e aggiornasi è diventato per alcuni un vero e proprio lavoro. Per altri, invece, la tecnologia è passata vicino sfiorandoli e non coinvolgendoli. Si tratta spesso di soggetti deboli o tutelati per i quali non è fondamentale adeguarsi. A volte si tratta di soggetti privilegiati, che possono permettersi di stare lontano da un mondo che li spaventa. Questo libro è come una sorta di reportage, i cui soggetti non sono i mezzi di comunicazione ( internet, telefonini, sms, mail....)ma coloro che li usano per comunicare, cioè noi. E' buffo ma quasi non ce ne rendiamo conto, anzi direi che non c'è minimamente la consapevolezza di quello che sta accadendo poichè quando ci sono grandi rivoluzioni coloro i quali le stanno vivendo non se ne accorgono nemmeno. Ma questi ultimi anni stanno segnando un'epoca, o meglio un vero e proprio periodo storico. Fra mille anni segneranno il 2000 come il momento in cui comincia l'interconnetività, l'abolizione delle barriere che segnano le distanze geografiche, l'esplosione del multitasking intesa come capacità di fare e pensare molte cose contemporaneamente, sebbene lontanissime tra loro per analogie o forma. Un mondo che ci condiziona molto ma non ancora troppo, che procede a velocità separate a seconda del luogo e della condizione sociale che si trova. La scuola ne ha paura, molta paura, il mondo del lavoro la declama ma non la riesce a sfruttare, l'emotività e la socialità delle persone oscilla tra i vantaggi che riesce ad assicurarsi e le terribili ( talvolta) conseguenze a cui tutto ciò può portare. E' una sorta di prova per l'homo filosoficus attuale, individuo pensante e problematizzante continua ad autosottoporsi. IN questo libro si arriva alla radice di molti equivoci estirpandoli, individuando il vero problema e arginando al di fuori le banalità che ogni giorno si producono.
Simone Ariot