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lunedì 29 marzo 2010

Il sapore del sole



Basta fermarsi ed aspettare. All'aperto sia inteso, e possibilmente in campagna. Ma anche in città va bene ugualmente. In inverno non è semplice, in autunno quasi impossibile, ma primavera ed estate garantiscono ottimi risultati. Certo non lo si può scegliere dal menù e nemmeno prenotare in anticipo, ma quando arriva, magari inaspettato, assaggiarlo diventa un'esperienza unica. Se in più non lo si vedeva/sentiva/toccava da mesi......beh allora il risultato è sensazionale.
Non sto parlando di un cannolo sicialano né di un babà napoletano, ma di una cosa molto più grande, infinitamente: Il sole.
Non m'interessano le sue caratteristiche tecnico-scientifiche e nemmeno sapere a quanti milioni di km se ne sta da noi, ma so solo che quando mi bacia e mi accarezza sento sempre qualcosa di indefinibile. Ieri mi sono seduto su una panchina in mezzo a un prato. Ho rivolto lo sguardo verso l'alto, chiudendo gli occhi e aspettando. Cosa? Semplicemente che il suo calore facesse effetto su di me!E' come una sorta di droga o di medicina. L'effetto, in chi scrive, è assicurato. Si tratta solo di saper pazientare qualche secondo. Effetti collaterali non ce ne sono mentre quelli fisiologici sono superbi. Dopo pochi secondi si entra in una sorta di sogno in cui si riscoprono immagini, ricordi, odori e sensazioni abbandonate, dove l'estate è protagonista. Dimenticavo di sottolineare che quest'esperienza estetica è consigliata solo a chi ama l'estate immaginandola come la Sola Amante possibile fra le quattro stagioni. Un'esperienza pericolosa e difficile perchè potrebbe portare alla dipendenza. Io ne soffro ma non ho alcuna intenzione di curarmi. Se potessi prolungare l'estate e trasformarla in una stagione unica che dura 365 giorni sarebbe il massimo. D'altra parte per me l'estate è il tempo che scelgo, quello in cui nulla è imposto e in cui mi sento veramente vivo. Mi dicono che d'estate sono un'altra persona, più sorridente e più felice, ma soprattutto più libero. Più libero perchè sollevato da molti impegni professionali ma allo stesso tempo più libero anche mentalmente, più leggero. D'altra parte, per me, estate sigifica vacanze, e per uno che è uscito dalla scuola come studente per rientrarci immediatamente come insegnante l'estate è soprattutto il momento della grande sospensione dell'attività scolastica. Un mese e mezzo di non lavoro ( non tre come molti credono) e un altro mese di mezzo lavoro considerando che gli esami e settembre non sono la stessa cosa che l'insegnamento tradizionale. E in quei giorni rinasco. Prendo la moto e me ne vado al mare, in laguna, oppure in collina per perdermi fra i vigneti. La sera amo uscire in bici, con una vecchia bici dai freni a bacchetta, o con la mia 500 degli anni 60, macchinetta mitica entrata nella storia.........Ed è il sole che mi accompagna in tutto ciò, anche la notte, perchè guardo la luna e so che dopo poche ore il suo fratello maggiore tornerà a trovarmi, garantendomi luce e ........felicità.
p.s: Questo era un post felice, ogni tanto ci vuole!!!!
Simone Ariot

mercoledì 17 marzo 2010

Diamo un voto ai professori !



I nostri amici americani sono sempre più avanti. Non deve stupire quindi se viene proprio da loro il suggerimento di estendere la valutazione scolastica non solo agli studenti ma anche ....ai professori. Non gioite troppo miei cari alunni-lettori, si tratta solo di una proposta che in ogni caso avrebbe un valori solamente indicativo. Ma se in Italia gli insegnanti possono ancora dormire sogni tranquilli protetti da un garantismo che fa più danni che altro, nel nuovo continente quella del social rating è un'abitudine diffusa e consolidata. Con questo termine composto si intende appunto la valutazione da parte dell'utenza di un servizio, in questo caso offerto dalla scuola e dalle Università.
Come spiegano nell'articolo di Wired "presenza alle lezioni, disponibilità in orario di ricevimento, cortesia e interazione via mail, comportamento in aula e agli esami, capacità di esposizione e grado di aggiornamento tecnologico del professore e delle lezioni sono i parametri attraverso i quali gli studenti valutano i propri professori". Una dinamica di questo tipo, se resa pubblica, condiziona la percezione di un'istituzione educativa, indirizzandone gli sguardi del mondo intero, nel bene e nel male. Questo cosa significa? Ad esempio che un docente con un rating molto alto possa ottenere un'offerta di lavoro da una scuola più prestigiosa, con un considerevole aumento di stipendio. In altri paesi occidentali è la regola, nel belpaese si è tentata la via di internet e grazie a un sito si sono contate 28.000 valutazioni, con qualche minaccia di querela. C'è da chiedersi quanto possano essere obiettive le valutazioni di studenti che per ovvi motivi sono spesso portatori sani di odio nei confronti della categoria docente, ma allo stesso tempo è impossibile negare l'utilità di un sistema che generalmente offre più vantaggi che altro. Non solo agli studenti, ma anche e soprattutto agli insegnanti. Qualsiasi discorso inerente meritocrazia e introduzione dei livelli di carriera tra i prof. italiani (unica professione al mondo in cui non esiste la possibilità di carriera) non può prescindere da una riflessione sulla valutazione. Attualmente, infatti, il miglior insegnante d'Italia ed il peggiore non solo guadagnano lo stesso stipendio, ma il secondo gode dell'impunità nel caso decidesse di non faticare e abbandonarsi ad una sorta di vacanza perenne fra le mura scolastiche, faticando chiaramente di meno. E voi cosa ne pensate? Quali parametri utilizzereste per valutare i vostri prof. del presente o del passato? Avete esempi celebri da raccontare? Sono curioso. Molto curioso.

Simone Ariot

martedì 9 marzo 2010

©opiare? Tranquilli, in Italia se ppò fà!




Corso di recupero di italiano: uno studente legge la recensione ad alta voce in teoria scritta da lui e commissionata dalla sua insegnante quando, dopo poche righe, riesco a fermarlo continuandone la lettura. Cosa c'è di strano? Semplicemente il fatto che lui non mi aveva consegnato alcuna copia, me l'ero autonomamente procurata cercando in internet un riassunto della novella in oggetto (che non conoscevo). Lo sguardo stupito e sornione allo stesso tempo non riusciva a rivelare quella millantata furbizia in realtà inesistente. L'adolescente in questione non aveva fatto altro che copiare una recensione da internet, così come fanno tutti i giorni la quasi totalità di studenti italiani alle prese con temi, riassunti, recensioni e versioni latine, e consegnarla allo sprovveduto insegnante di turno. Ma a volte agli studenti va male e si trovano insegnanti digitali che ormai hanno scritto più parole su schermo che su carta. Stessa scena questa mattina. Mi arriva per posta elettronica un tema per casa di uno studente mandato al corso di recupero di italiano. Dopo nemmeno due righe capisco che il vocabolario utilizzato non può essere di un quindicenne e allora il copia-incolla lo faccio io, sulla barra di Google, rilevando non uno ma ben tre siti da cui aveva "preso spunto". Tranquilli, perchè per i puristi che sostengono che nei compiti in classe e agli esami la questione cambia, vi assicuro che non è così. Smartphone della nuova generazione assicurano connessioni veloci e stabili e senza troppi problemi l'effetto copia-incolla da pc può essere replicato.
Una società di studenti "copioni quando possibile" quindi, ma allo stesso tempo una società di insegnanti ingenui e miopi e nella maggior parte dei casi ancora analfabeti informaticamente; abili traduttori di antiche storie latine ma incapaci di comunicare al mondo, pronti a farsi beffare dall'adolescente di turno.
Quello che non si capisce è comunque il perchè di una tendenza prepotentemente italiana. Nei paesi anglosassoni il copiare è vissuto come una vera e propria mancanza civile. Un atteggiamento deplorevole prima ancora che perseguibile.
Ricordo i racconti di un amico italiano che ha studiato a Sidney e forte della sua proverbiale capacità nell'imboscare biglietti tentò il tutto e per tutto all'esame di macroeconomia. Sgammo immediato e conseguente espulsione dall'Uniersità. Ripeto, espulsione! In Italia, nel peggiore dei casi, sarebbe stato invitato a ripresentarsi all'esame all'appello successivo. Oppure il caso di A., che in una prestigiosa Università americana è stato sottoposto ad un vero e proprio processo accademico per una citazione inserita in un lavoro senza l'indicazione delle fonti. Esagerati? NO, semplicemente si attribuisce il giusto valore al lavoro prodotto da qualcuno.
Riprendere qualcosa scritto bene può essere saggio,soprattutto se la si sa inserire e contestualizzare, ma citare l'autore è d'obbligo! Non so se mi sono spiegato, ma se dico d'obbligo significa che è una questione di legge, non di morale.
Certo che fino a quando si continua a scrivere con l'inchiostro sui fogli di carta può essere più complesso per un docente monitorare il tutto, ma non preoccupatevi, se continuerò ad essere il vostro insegnante, da questo punto di vista, non avrete sconti.
Copiare insomma è una cosa particolarmente da loser, è rinunciare alla propria identità per assumere, tra l'altro senza comunicarlo, quella di un altro. In più è stupido, perchè comunque costa fatica, e se si deve spendere della fatica è meglio spederla per qualcosa che faccia crescere e migliorarsi. E non stiamo parlando di matematica o storia, per le quali non è molto semplice metterci del "proprio", stiamo parlando di lettere e nella fattispecie recensioni, temi, idee.... Scrivere un tema è come affrontare una seduta d'analisi, è un mettersi a nudo rispettando comunque un linguaggio, una forma e delle regole (e non poche). Perchè quindi vendersi in questo modo a quello stupido e insignificante Dio che si Fa chiamare "Pigrizia"? Ditemelo voi, se ci riuscite, perchè proprio un motivo non lo trovo, oltre la pigrizia stessa.


Simone Ariot

mercoledì 3 marzo 2010

Problemi di Tempo



Il tempo in una storia non è mica un elemento secondario. Che la si scriva o la si viva, un'avventura della vita è influenzata dal tempo che lo rubi o lo chieda, lo sfrutti o lo sperperi. Decidiamo di scrivere una storia e, zac, non c'è più tempo. Vogliamo immergerci in essa, e il tempo vola ed è già finito. Ci troviamo a una noiosa lezione di qualsivoglia materia.....e il tempo non passa più, scorre a rallentatore come un conto alla rovescia. Per non parlare di quando siamo in estasi, nella situazione migliore di questo mondo, e il tempo mette il turbo e scappa via.
Abbiamo uno strano rapporto con il tempo, successione di momenti che dividiamo in presente, passato e futuro e di cui percepiamo soprattutto quello che è già scorso rispetto a quello che scorrerà. Già Seneca, filosofo e letterato romano, diceva che la parte di vita che viviamo è piccola, il resto è tempo, perchè c'è molta differenza tra il vivere a lungo e lo stare a lungo in vita; proprio per questo il tempo andrebbe ben custodito, perchè non sappiamo quando ci viene a mancare. Sicuramente il presente è breve, il futuro incerto e il passato sicuro e l' afferrare il presente sarà la sfida in cui ogni uomo dovrà imbattersi in vita propria.
E nella scrittura? Domina il tempo o lo spazio? Ci condizionano maggiormente, da studenti, le tre ore per scrivere un tema, tre ore che passano a ritroso fino ad annullarsi al suono della campanella definitiva, o il bianco del foglio ancora privo di segni e contenuti, uno spazio geografico che cerca un riferimento?
Il tempo insomma ci condiziona, nelle dimensioni pratiche e in quelle intellettuali, anche se diversamente scandito ma fortemente presente, e tutta la nostra vita è in relazione al tempo. Tempo del giorno e della notte, dell'azione e del riposo, della vita e della morte. Unica certezza è che il tempo c'è, indipendentemente da quanto possa condizionarci.
E voi, che rapporto avete con il tempo?

Simone Ariot