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mercoledì 17 luglio 2013

La scuola e la strana idea di meritocrazia


Come funzionano le cose nella scuola italiana.


Chi è fuori del mondo della scuola non conosce certe dinamiche, chi è dentro ormai non se ne accorge nemmeno più, ne diventa assuefatto, considerandole normali. Ma normali non sono, sono follia vera e propria. Facciamo qualche esempio, senza stare troppo sulla teoria.
Luca è il nuovo insegnante di informatica di vostro figlio, che frequenta la quarta liceo scientifico. Luca è laureato in informatica, si è anche abilitato in informatica frequentando con profitto una scuola si specializzazione post laurea, della durata biennale, con entrata a numero chiuso, ma non è ancora titolare di cattedra. Significa che ogni anno ha un incarico annuale, se arriva, rimesso in discussione di anno in anno. Può insegnare un anno a Vicenza, l’anno dopo a Bassano, quello dopo a Thiene. Luca è anche titolare di partita i.v.a, perché con i pc e l’informatica ci sa fare, e professore a contratto con l’Università, sempre informatica. Deve aggiornarsi non perché glielo chieda la scuola, ma perché glielo chiede il mondo. Le sue consulenze sono importanti strumenti per le imprese, e relazionandosi con esse Luca capisce quali siano quelle dimensioni effettivamente importanti della sua materia, potendo quindi interpretare la programmazione didattica considerando anche questi importanti aspetti. Vostro figlio e i suoi compagni si trovano bene con il professor Luca. E’ chiaro nelle spiegazioni, non fa differenze tra studente e studente, è giovane e comunicativo, e in più porta costantemente un contatto con il mondo reale, quello che si respira nelle aziende per le quali svolge consulenze. Le verifiche le porta corrette sempre in tempo e non fa assenze, perché anche se ha un po’ di febbre o il mal di schiena preferisce comunque andare a scuola. La classe fa enormi progressi, riesce ad accelerare nel programma e recuperare le lacune dell’anno precedente, quando ad insegnare informatica c’era un laureato in matematica che si limitava ad insegnare DOS e PASCAL. Siamo alla fine dell’anno, la classe studia molto, solo due studenti hanno l’insufficienza ma pare possano farcela a recuperare. Di sicuro Luca pretende molto, ma gli studenti gliene solo grati. A settembre anno nuovo e vita nuova. Luca non è confermato, perchè le graduatorie funzionano in modo assurdo e illogico, nonostante ci siano le ore per Luca, in quella scuola. Ma Anna, laureata in economia e a digiuno di informatica da vent’anni, prende il suo posto. Lei è titolare di cattedra. A nulla servono le proteste di preside e genitori, che vogliono ancora Luca, per preparare i ragazzi all’esame di maturità. Anna invece non piace ai ragazzi. Si comporta come chi pensa di sapere solo per un titolo posseduto, ma in realtà la disciplina non la conosce. Tra l’altro è laureata in economia, e l’economia (aziendale in particolare), la conosce piuttosto bene. Con l’informatica però non ci siamo. I ragazzi lo capiscono dopo pochi minuti. Anna tentenna, entra in difficoltà, prova a screditare il lavoro fatto dall’insegnante precedente, senza però riuscirci. Cominciano a volare i quattro, perché Anna nelle verifiche chiede definizioni a memoria tratte dal libro. A lei non interessa sapere che i vari programmi informatici per quella classe non hanno segreti, nemmeno rendersi conto che ognuno di loro è in grado di progettare pagine web. Queste cose lei non le sa fare, mentre chiedere definizioni di vecchi linguaggi applicativi richiede solo un controllo sul libro. A metà anno la classe è disperata, non un progresso sul programma, demotivazione alle stelle e timore per gli esami di maturità. Intanto il dirigente chiede un’ispezione ministeriale che non può portare nulla di fatto, nonostante sia evidente a tutti che le cose non funzionano. Nel frattempo, a giugno, Luca riceve la comunicazione di mancata assegnazione di una titolarità. Un altro anno da precario. A settembre, però, al momento della firma in provveditorato Luca non trova nessuna cattedra, e per tutto l’anno non riuscirà ad insegnare. La collega che l’ha preceduto, invece, ha firmato un contratto annuale, e pochi minuti dopo ha mandato alla scuola un certificato di maternità. Percepirà uno stipendio quasi completo e non insegnerà un giorno durante l’anno. Luca, invece, non sarà richiamato. Quella cattedra la daranno ad un supplente, nemmeno abilitato, laureato in matematica.
Lucia invece è una ragazza trentenne. E’ laureata in ingegneria e non è abilitata. Quasi per scherzo porta una domanda di supplenza ad una scuola di provincia. A settembre si libera una cattedra ma la sede è scomoda, quindi nessuno accetta. Priva di punteggio, di esperienza, di motivazione, Lucia accetta. Dopo una settimana porta un certificato di maternità. Non rientrerà mai più a scuola fino alla fine dell’anno. Al suo posto arriva Emma. Stessa situazione. Anche lei incinta. Anche lei in maternità. E arriva a questo punto il terzo supplente. Massimo è un ragazzo bravo e motivato, con molta voglia di lavorare. La materia che insegna lo appassiona, anche se era privo di esperienza. I colleghi più anziani lo notano, vedono soprattutto che ha idee geniali e riesce a trasmettere moltissimo ai suoi studenti. Sarebbe un perfetto professore di ruolo. Ma non è abilitato. Peccato, ma i corsi di abilitazione sono stati eliminati per la sua materia, e per l’anno prossimo ci sono poche probabilità di riconferma. A settembre, dopo un anno, la cattedra viene data definitivamente ad Antonio, trasferito da altra provincia. Sulla carta è laureato e abilitato, ha vent’anni di esperienza e quindi vent’anni di punteggio. Antonio entra in classe da primo in graduatoria. Peccato che non ci sappia fare. E ormai sono tre anni che i ragazzi di quella classe cambiano insegnante e si disaffezionano alla materia. Peccato, perché il loro territorio ha bisogno proprio di una forza lavoro che va in quella direzione. Massimo, intanto, ha accettato un lavoro come ingegnere in una di quelle aziende. Guadagna il doppio e, se porta risultati, viene premiato con un aumento di stipendio. La scuola ormai è solo un ricordo.

Giulia invece è una docente di ruolo di filosofia e storia al liceo. E’ entrata in ruolo giovanissima, perché giovanissima si è abilitata e laureata. Ama insegnare, e in città la conoscono tutti, dandosi da fare in ambito culturale. Giulia insegna per due anni nello stesso liceo, prende una terza e la porta in quarta. In due anni si è data da fare, ricoprendo incarichi e dicendosi sempre disponibile. I colleghi l’adorano perché è gentile e solare e le sue attività hanno fatto del bene alla scuola. Almeno in quattro occasioni la stampa di è occupata delle sue iniziative didattiche, sviluppate in una scuola che prima non conosceva cronaca, se non di brutte notizie. Poi, inaspettatamente, un settembre viene scalzata da Antonio. E’ burbero e meno preparato, fa molte assenze, spesso depresso, si rifiuta di usare il computer e di andare oltre la tradizionale lezione frontale. Se non impari a memoria quelle righe del libro, il 4 è assicurato. Se provi a parafrasarle, sarà al massimo un 5. Intanto Giulia ha ricominciato da capo in un’altra scuola, dove le sue competenze, i suoi progetti, i suoi successi, non sono stati valutati. Ricomincia da capo, da zero. Sua sorella gemella Marta, invece, che ha studiato scienze della comunicazione e lavora nel mondo delle aziende, ha cambiato in quattro anni 5 aziende. Dopo un successo veniva promossa, e i nuovi incarichi corrispondevano a nuove responsabilità e nuovi stipendi. Ora, a 34 anni, guadagna più del doppio di Giulia, perché i successi ottenuti  si sono tradotti in riconoscimenti. Giulia, invece, ha sempre lo stesso stipendio. La scuola dove insegna quest’anno, però, non è di fianco a casa. E’ a 40 km di distanza. E la benzina si fa sentire, su 1348 euro di stipendio mensile, che dopo 6  anni(4 di ruolo e 4 da precaria) continuano ad essere sempre uguali. Appena arriva nella nuova scuola viene accolta bene. Sono tutti contenti che lei sia lì. Dai colleghi ai genitori degli studenti. Perché la sua fama l’ha preceduta. Le viene proposto di curare un progetto per lo sviluppo di un nuovo indirizzo di studi all’interno di quel liceo. Le piacerebbe accettare, ma tra un anno, potrebbe presentarsi la stessa storia, e rischierebbe di lasciare a metà strada un progetto avviato e portato avanti da lei., dovendo suo malgrado cambiare scuola.   O, ancor peggio, consegnarlo a mani che non conosce, magari consegnarlo a chi lo snaturerebbe o lo potrebbe distruggere. A quel punto rifiuta, la vede solo come una fregatura. Ha 34 anni ma si sente fuori gioco, decide quindi di vivere la scuola con meno entusiasmo e meno lucida follia. E le sue risorse, negli anni migliori, vengono fatte morire.
Intanto, inconsapevole di queste dinamiche, un supercervellone meccanico da Venezia gestisce le graduatorie, assegnando punti in base a disgrazie dei familiari o precedenze inspiegabili a un comune mortale. Nella città di Giulia, però, ci sono ancora molte cattedre libere, anche nella scuola dove avrebbe voluto insegnare.  Verranno comunicate solo alla fine, e andranno a qualche supplente non abilitato o ancor peggio ad un docente che invece stava bene nella scuola in cui insegnava da tre anni.  Giulia, invece, se ne starà nella scuola di provincia dove, tra un anno, verrà rimessa in discussione.

Volete sentire altre storie? Tutte quelle raccontate sono storie vere. La follia italiana parte da qui.

Simone Ariot