Translate

mercoledì 29 giugno 2011

Arrivederci a settembre

Parolefantasiose è un blog didattico, e come tale d'estate sospende la sua attività.
Continua a prendere spunti e informazioni dai luoghi del mondo e dell'Italia che il sottoscritto avrà modo di visitare, dalle persone che incontrerà, dagli eventi che non potranno rimanere nascosti.
Parolefantasiose vi saluta così, in anticipo forse, dandovi un sentito arrivederci a settembre, quando ricomincerà la scuola, e ringraziando tutti coloro i quali hanno reso possibile quest'avventura che ormai sta per compiere due anni.
Che vacanze farà parolefantasiose? Mare, mare e ancora mare. Ma si porterà dietro un bel po' di lavoro. Articoli da scrivere, libri da sfogliare, eventi da organizzare e molto altro, cose piacevoli a dir la verità ma pur sempre lavoro. Inforcherà la sua vecchia moto, si porterà via qualche buon libro, e partirà per isole note e meno note, pronto ad una rassegna fotografica da commentare poi insieme.
Buone vacanze

Simone Ariot

martedì 14 giugno 2011

Vendo un rene per l'I-Pad!

Capita anche questo. Nell'era 2.0, in quell'immenso angolo di mondo chiamato Cina, capita che un 17enne venda una parte di sé per comprarsi un pezzo di tecnologia. Non un semplice concentrato di soluzioni informatiche di moda in anni alterni, ma l'I-Pad, la tavoletta che sta cambiando il modo di navigare in internet e non solo.
Non avendo abbastanza soldi per impossessarsi del suo sogno, Zheng non ci ha pensato due volte e dopo aver letto un annuncio on line che pubblicizzava la possibilità di vendere un rene, si è recato in una vicina cittadina per compiere l'impresa. L'adolescente cinese come un martire in abiti moderni, per 2000 euro/20.000 yan, ha cacciato fuori quest'organo, evidentemente indispensabile, barattandolo con un pezzo di plastica. Ora probabilmente potrà navigare in internet per assaporare virtualmente tutte quelle cose che nella realtà non potrà mai conoscere. Potrà sfogliare il catalogo delle rosse Ferrari, spostarsi con Google Street View nei ghetti di New York, guardare porno con belle ragazze occidentali e, di tanto in tanto, leggere qualche news in un quotidiano on line. Nulla di più. O meglio, nulla di meno. Perchè l'illusione tecnologica da connessione perenne offre proprio questo, la possibilità di vivere in un universo parallelo, dove le soddisfazioni le si colgono con l'immaginazione e non con i cinque sensi tanto cari agli epicurei.
Immaginare qualcosa, o forse nemmeno questo.
Forse si tratta semplicemente di poter dire "Ce l'ho anch'io l'I-Pad", immaginando che il solo possesso di questo aggeggio possa immediatamente accompagnare il proprietario in un percorso di scalata sociale accelerata verso le vette dell' upper class, di quella società arrivata ed invidiata. Soprattutto invidiata. E con questo non si pensi che non riconosca meriti, contenuti e intuizioni straordinarie alla tecnologia e alla tavoletta in questione(e il fatto che scriva su un blog dovrebbe esserne la prova), ma si tratta semplicemente di una questione di priorità. Avere l'I-Pad è priorità assoluta per l'individuo, al punto da vendere un rene? E tra qualche anno per cosa lo venderemo?

Simone Ariot



lunedì 6 giugno 2011

Un anno se ne va


"Sed fugit interea fugit irreparabile tempus" *Georgiche, Virgilio

Un altro anno se ne va.
Finito senz'essere morto, consumato ma non svanito, consunto e non per questo da buttare.
Per molti la vera fine dell'anno è adesso, a giugno. Per chi ha le lancette dell'orologio biologico regolate sulla campanella della prima ora o sulla ricreazione di metà mattina.
Non sono pochi, sono molti. E per alcuni questo scandire dura gran parte della propria vita, perchè una volta usciti da scuola come studenti si può sempre entrarci come insegnanti, anche se non lo si sperava o non lo si era messo in programma.

Un anno, in realtà un po' meno. Circa 200 giorni.
200 giorni di convivenza più o meno forzata ma spesso goduta.
200 giorni di momenti sì e momenti no, di simpatia e antipatia, di verità e finzione, di opposti che si attraggono o che si odiano.
La scuola è questo, è condivisione inconsapevole di un po' di tutto ciò che riguarda la vita, dentro e fuori dalla classe.
E' alzarsi la mattina presto, prendere la bici, il tram, l'auto o la moto e prepararsi a passare quattro o cinque ore con simili e dissimili, condividendo molto ma non tutto. Gli studenti fanno un percorso che dovrebbe essere dritto, con una sola direzione possibile, ma talvolta qualche incidente di percorso rallenta un po' il viaggio e ci si ferma un anno in più. Qualche volta, sempre più raramente a dir la verità. Gli insegnanti invece non fanno sempre questo percorso con gli studenti. O almeno non lo fanno sempre per cinque anni, perchè spesso si spostano, vengono trasferiti, o scappano ( quando proprio non ce la fanno più).
Comunque tutti quanti, professori e studenti, per quei 200 giorni devono entrare in classe e vivere una nuova piccola vita, che può durare un' ora, dieci minuti o tutta la matina, in cui oltre alla persona si è anche personaggio. Una ventina da una parte, solo uno dall'altra. A volte è difficile, può essere successo il finimondo la notte prima ma bisogna stare lì, prendere appunti o dettarli, ascoltare o essere ascoltati. A volte è più che difficile. Puoi aver tutte le preoccupazioni del mondo, una storia difficile da scordare, un litigio importante, l'attesa per l'esito di un esame, il timore per un trasferimento, la giornata più nera della storia ma niente da fare, te ne devi stare lì, e magari avere addosso sguardi assonnati di studenti che vorrebbero essere altrove o visi speranzosi di chi vede in te un riferimento e in quel momento sai di non riuscire a offrirlo. Ma non solo.
In classe succede molto altro. Si parte con il parlare di un imperatore e si finisce a citare i tipi di pizza, si legge un libro e ci si commuove insieme, oppure si ascolta il silenzio e si cerca di entrare nei pensieri dell'altro. La classe e l'atmosfera che si respira al suo interno è qualcosa che si può odiare e amare. Sicuramente quando si è studenti se ne vorrebbe farne a meno, poi passati gli anni, quando invece di un compagno si ha vicino un collega di cui si conosce a malapena il nome, quei momenti ritornano in mente e li si vorrebbe rivivere tutti, uno dopo l'altro, stando attenti a goderseli più che si può.
Un anno.
In un anno si imparano molte cose, si cambiano opinioni, si pensa di aver capito tutto e poi ci si rende conto che manca ancora moltissimo.
Un anno di sguardi, parole, sillabe, segnali che si inerpicano sul pendio della vita che ognuno di noi è costretto a scalare, con i suoi tempi e le sue forze, per arrivare a quel traguardo oltre il quale non sappiamo cosa ci sia.
Un anno, un misero ma grandissimo anno che è possibile rivedere, dopo anni, nei ricordi sfuocati della memoria, nei quaderni ingialliti o nei post di questo e altri blog che abbiamo costruito insieme.
Ora l'anno è finito, ma per un mesetto questo blog continuerà il suo lavoro, una volta alla settimana, prima di andare in vacanza fino a settembre.
Poi, l'anno prossimo, ripartirà, come se nulla fosse cambiato, come se tutto fosse cambiato.
L'anno prossimo probabilmente si allargherà, nuove classi e nuove persone lo conosceranno, e avrà un qualche ruolo all'interno di un'iniziativa che riguarda la lettura e la nostra città, Vicenza, di cui ancora non posso spifferare nulla. Staremo a vedere.
Un anno volato per quanto mi riguarda. Tempus fugit diceva Virgilio. E se lo diceva lui, sommo poeta, Auctor con la A maiuscola, qualche verità ci sarà pure. E' questo il tempo, uno scherzetto della natura inafferrabile, una cosa che si aspetta e quando arriva è già passato, e lo si vede fuggire. Un solo anno, anzi un po' meno.
Iniziato senza troppe aspettativa ma concluso con soddisfazione. Un anno volato perchè piacevole, anche se in alcuni momenti avrei voluto essere altrove e non in classe, ma nel compenso direi un buon anno, molto superiore alle aspettative.
Qualcuno dice che tra i 30 e i 40 gli anni volano e non ce se ne rende conto. Sarà che in questo decennio ci sono appena entrato, ma devo dire che certifico in pieno questa diceria.
See you

Simone Ariot