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lunedì 3 febbraio 2014

L'Aids che non fa più paura ai giovani. Perchè a scuola non se ne vuole parlare


Ricordate le “pubblicità progresso” per incentivare l’utilizzo dei preservativi? Quelle che mettevano il contorno viola alle persone, o vedevano un anziano professore chiedere con toni minacciosi “Di chi è questo?”. Se avete più di trent’anni e l’alzheimer non vi è ancora piombato addosso, probabilmente la risposta sarà affermativa. Difficile infatti dimenticarsi di una questione, quella della prevenzione dell’Aids, che a cavallo fra gli anni ’80 e ’90 ha letteralmente bombardato la quotidianità degli italiani. E nessuno sembrava rimanerne schifato o sconvolto.
Di Aids ci si ammalava e si moriva, ma soprattutto lo si trasmetteva. Insospettabili padri di famiglia con vizi adulterini, malati sottoposti a trasfusioni, tossici che condividevano siringhe o, molto più banalmente, rapporti sessuali non protetti, erano la causa della peste del XX° secolo. La risposta della società, all’epoca,  ci fu. Film che ne raccontavano la storia (ricordiamo Philadelfia, con un commovente Tom Hanks), fondazioni nate per sostenere i familiari dei malati (Casa Marcoaldi, a Vicenza, fu una delle più attive) e, soprattutto, il coinvolgimento della scuola, di tutti gli ordini e gradi, che ne parlava affrontando la questione anche dal punto di vista delle singole discipline curriculari.
Ora, a distanza di una ventina d’anni da quando la nostra città aveva il primato di morti per il virus, l’Aids è tornato ad essere argomento tabù e, ancor peggio, pressoché sconosciuto dalle nuove generazioni, mantenendo purtroppo il primato dei contagi. Ma il dramma è che la malattia è tutt’altro che sconfitta, e i casi di nuovi contagi vedono protagonisti soprattutto giovani e giovanissimi. E non è un caso. Tra gli studenti delle scuole superiori, pochi sanno cosa sia l’AIDS e come la si trasmetta. In una classe di 25 studenti, solamente in 5 sapevano di cosa si stesse parlando, e ad alcuni genitori ha dato fastidio che si affrontasse l’argomento, visto che si è citato il preservativo e le modalità di contagio. Parliamo di genitori che per età hanno vissuto molto da vicino quel periodo buio, quando si era abituati a trovare nei necrologi sul giornale foto di trentenni con cui si era cresciuti.
Forse oggi la malattia spaventa meno, perché l’aspettativa di vita è aumentata, ma a costi importanti per il sistema sanitario nazionale e la qualità della vita della persona che affetta. Oppure non si vuole turbare la crescita e la spensieratezza degli adolescenti. E se la famiglia latita, la scuola fa altrettanto. Una strana forma di paternalismo protettivo che nega il problema piuttosto che affrontarlo facendolo conoscere per combatterlo. Intanto, giusto per dirla tutta, gli adolescenti italiani hanno rapporti sessuali sempre più precoci e cambiano in velocità partner. Soffriamo per caso di nostalgia da necrologi di giovani?

Articolo comparso e pubblicato il 27/12/2012 su La Nuova Vicenza

2 commenti:

  1. Ricominci a scrivere su parolefantasiose?? che bellooo!

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  2. Ciao Simone,
    ci sono diverse ragioni per le quali le pubblicità minacciose hanno smesso di essere fatte. La prima è che... non funzionavano. Gli adolescenti credono fondamentalmente di essere immortali e a loro queste pubblicità non toccano. Forse addirittura li rendono più sfrontati.
    La seconda ragione è che l'alone viola creava forti pregiudizi intorno ai malati di AIDS che venivano emarginati dalla società, nuovi portatori di pestilenza.
    Ora le campagne sulla sessualità sono totalmente diverse. Guarda questa: http://www.fuckpositive.ch/it/
    Io faccio educazione sessuale nelle scuole, ma non parlo solo di HIV. Spesso dico ai ragazzi che è più probabile prendersi stupidaggini come l'herpes che l'HIV e che in generale sono moltissime le infezioni genitali che si possono prendere. Ma come può essere fastidioso prendersi un infezione ai piedi in piscina perchè la gente non usa le ciabatte, figuriamoci prenderci qualcosa ai genitali. I ragazzi ridono, ma l'argomento fa breccia e poi cominciano a far domande.
    Non bisogna che abbiano paura del sesso: bisogna che padroneggino la materia e ne parlino apertamente. Si confidino e si confrontino tra loro. E a quel punto potranno discutere di metodi contraccettivi e della loro responsabilità: sono le ragazze con la pillola o i ragazzi col preservativo nel portafoglio a essere responsabili di quel rapporto sessuale? Avranno il coraggio di confrontarsi?

    Spero di averti fatto vedere le cose da un altro punto di vista.

    Sono Anna Zanellato, ti vorrei contattare per l'associazione Nucleo21 e del perchè Fare Impresa E' Un Impresa. Spero tu sappia dove trovarmi.

    Un abbraccio,

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