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giovedì 3 febbraio 2011

Il Carnevale del "Piccolo Mafioso". L'ipocrisia delle parole

Tutti i giornali ne stanno parlando. Pare che la decisione di un negozio del Vomero, quartiere collinare napoletano, di esporre in vetrina un costume di carnevale da "Piccolo Mafioso", abbia suscitato l'ira e l'indignazione di mamme e genitori. Ma per meritare addirittura un servizio al TG5 significa che il fatto è considerato una notizia vera e propria. Certo, in una regione martoriata da una mafia chiamata Camorra, la trovata del costume da u' camorristello non è certamente di buon gusto, ma c'è da chiedersi quanti si sarebbero scandalizzati se invece della dicitura "Piccolo mafioso" ve ne fosse stata una che recitava "Al Capone", o "Piccolo gangster". Quando si usano le parole le cose non stanno come nella proprietà commutativa: cambiando gli ordini degli addendi ( o meglio mettendo un sinonimo) il risultato cambia. Anche quando il significato dei termini è il medesimo. E l'ipocrisia sta tutta qui.

Ma noi siamo italiani e sensazionalisti, amiamo scandalizzarci per l'utilizzo di un termine tabù ( provate a parlare di mafia in certi ambienti del sud Italia e vedrete tutti cambiare discorso) e montare casi mediatici anche quando se ne potrebbe fare a meno. La realtà di Napoli ha ben altri problemi: disoccupazione, criminalità, gestione personale del potere pubblico, rifiuti, assenza dello Stato, anche se molto spesso questi argomenti sono così scontati che non fanno notizia.

Le parole hanno il loro peso, che piaccia o no, sono come piccole identità scolpite nella memoria e in quel vissuto personale e collettivo che condiziona tutti, al punto di non riuscire più a distinguere una situazione carnevalesca da una quotidiana. Perchè il Carnevalle, e a Napoli ne sanno qualcosa, è un momento dissacratorio, pagano, che si prende gioco di ciò che si da per scontato, anche della morale pubblica.

D'altra parte a Carnevale, ogni scherzo vale. Anche se di cattivo gusto.

Simone Ariot

2 commenti:

  1. Guardando il link relativo a "parlando" ho letto l'articolo del Corriere del Mezzogiorno che parlava di questo costume e si diceva anche che "...bambini che dovrebbero essere tenuti il più lontano possibile da simili ambienti e da ogni tipo di riferimento legato alla criminalità e alla malavita".
    Questa frase mi ha un po' stupita perchè ho pensato che se non si conosce una cosa è più difficile affrontarla e quindi mi sembrerebbe giusto spiegare loro cos'è la mafia, in modo tale che sappiano evitarla o combatterla. E' vero che forse sono troppo piccoli per capire questo argomento e forse questo giustifica la frase. Fatto sta che prima o poi bisognerà spiegare loro cosa succede anche non molto distante da loro. Inoltre direi che il costume da "piccolo mafioso" inizialmente può indignare genitori ed educatori che vogliono tenere i propri figli lontani dalla mafia, ma è anche una presa in giro che mette in evidenza il problema della criminalità organizzata, spesso alimentata da silenzi, omertà e realtà taciute.

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  2. Dopo ulteriore rflessione devo assolutamente aggiungere qualcosa:se si voleva prendere in giro l'argomento criminalità organizzata era probabilmente meglio fare un costume da adulti. Questo perchè sono soprattutto i costumi da adulti a prendere in giro personaggi o fatti particolari, mentre i costumi per bambini spesso sono gli abiti dei loro eroi preferiti, nei quali essi si possono immedesimare. Quindi il costume da "piccolo mafioso" potrebbe essere parecchio pericoloso(scusate la rima!).

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