Come funzionano le cose nella
scuola italiana.
Chi
è fuori del mondo della scuola non conosce certe dinamiche, chi è dentro ormai
non se ne accorge nemmeno più, ne diventa assuefatto, considerandole normali.
Ma normali non sono, sono follia vera e propria. Facciamo qualche esempio,
senza stare troppo sulla teoria.
Luca
è il nuovo insegnante di informatica di vostro figlio, che frequenta la quarta liceo
scientifico. Luca è laureato in informatica, si è anche abilitato in
informatica frequentando con profitto una scuola si specializzazione post
laurea, della durata biennale, con entrata a numero chiuso, ma non è ancora
titolare di cattedra. Significa che ogni anno ha un incarico annuale, se
arriva, rimesso in discussione di anno in anno. Può insegnare un anno a
Vicenza, l’anno dopo a Bassano, quello dopo a Thiene. Luca è anche titolare di
partita i.v.a, perché con i pc e l’informatica ci sa fare, e professore a
contratto con l’Università, sempre informatica. Deve aggiornarsi non perché
glielo chieda la scuola, ma perché glielo chiede il mondo. Le sue consulenze
sono importanti strumenti per le imprese, e relazionandosi con esse Luca
capisce quali siano quelle dimensioni effettivamente importanti della sua
materia, potendo quindi interpretare la programmazione didattica considerando
anche questi importanti aspetti. Vostro figlio e i suoi compagni si trovano
bene con il professor Luca. E’ chiaro nelle spiegazioni, non fa differenze tra
studente e studente, è giovane e comunicativo, e in più porta costantemente un
contatto con il mondo reale, quello che si respira nelle aziende per le quali
svolge consulenze. Le verifiche le porta corrette sempre in tempo e non fa
assenze, perché anche se ha un po’ di febbre o il mal di schiena preferisce
comunque andare a scuola. La classe fa enormi progressi, riesce ad accelerare
nel programma e recuperare le lacune dell’anno precedente, quando ad insegnare
informatica c’era un laureato in matematica che si limitava ad insegnare DOS e
PASCAL. Siamo alla fine dell’anno, la classe studia molto, solo due studenti
hanno l’insufficienza ma pare possano farcela a recuperare. Di sicuro Luca
pretende molto, ma gli studenti gliene solo grati. A settembre anno nuovo e
vita nuova. Luca non è confermato, perchè le graduatorie funzionano in modo
assurdo e illogico, nonostante ci siano le ore per Luca, in quella scuola. Ma
Anna, laureata in economia e a digiuno di informatica da vent’anni, prende il
suo posto. Lei è titolare di cattedra. A nulla servono le proteste di preside e
genitori, che vogliono ancora Luca, per preparare i ragazzi all’esame di
maturità. Anna invece non piace ai ragazzi. Si comporta come chi pensa di
sapere solo per un titolo posseduto, ma in realtà la disciplina non la conosce.
Tra l’altro è laureata in economia, e l’economia (aziendale in particolare), la
conosce piuttosto bene. Con l’informatica però non ci siamo. I ragazzi lo
capiscono dopo pochi minuti. Anna tentenna, entra in difficoltà, prova a
screditare il lavoro fatto dall’insegnante precedente, senza però riuscirci.
Cominciano a volare i quattro, perché Anna nelle verifiche chiede definizioni a
memoria tratte dal libro. A lei non interessa sapere che i vari programmi
informatici per quella classe non hanno segreti, nemmeno rendersi conto che
ognuno di loro è in grado di progettare pagine web. Queste cose lei non le sa
fare, mentre chiedere definizioni di vecchi linguaggi applicativi richiede solo
un controllo sul libro. A metà anno la classe è disperata, non un progresso sul
programma, demotivazione alle stelle e timore per gli esami di maturità.
Intanto il dirigente chiede un’ispezione ministeriale che non può portare nulla
di fatto, nonostante sia evidente a tutti che le cose non funzionano. Nel
frattempo, a giugno, Luca riceve la comunicazione di mancata assegnazione di
una titolarità. Un altro anno da precario. A settembre, però, al momento della
firma in provveditorato Luca non trova nessuna cattedra, e per tutto l’anno non
riuscirà ad insegnare. La collega che l’ha preceduto, invece, ha firmato un
contratto annuale, e pochi minuti dopo ha mandato alla scuola un certificato di
maternità. Percepirà uno stipendio quasi completo e non insegnerà un giorno
durante l’anno. Luca, invece, non sarà richiamato. Quella cattedra la daranno
ad un supplente, nemmeno abilitato, laureato in matematica.
Lucia
invece è una ragazza trentenne. E’
laureata in ingegneria e non è abilitata. Quasi per scherzo porta una domanda
di supplenza ad una scuola di provincia. A settembre si libera una cattedra ma
la sede è scomoda, quindi nessuno accetta. Priva di punteggio, di esperienza,
di motivazione, Lucia accetta. Dopo una settimana porta un certificato di
maternità. Non rientrerà mai più a scuola fino alla fine dell’anno. Al suo
posto arriva Emma. Stessa situazione. Anche lei incinta. Anche lei in
maternità. E arriva a questo punto il terzo supplente. Massimo è un ragazzo
bravo e motivato, con molta voglia di lavorare. La materia che insegna lo
appassiona, anche se era privo di esperienza. I colleghi più anziani lo notano,
vedono soprattutto che ha idee geniali e riesce a trasmettere moltissimo ai
suoi studenti. Sarebbe un perfetto professore di ruolo. Ma non è abilitato.
Peccato, ma i corsi di abilitazione sono stati eliminati per la sua materia, e
per l’anno prossimo ci sono poche probabilità di riconferma. A settembre, dopo
un anno, la cattedra viene data definitivamente ad Antonio, trasferito da altra
provincia. Sulla carta è laureato e abilitato, ha vent’anni di esperienza e
quindi vent’anni di punteggio. Antonio entra in classe da primo in
graduatoria. Peccato che non ci sappia fare. E ormai sono tre anni che i
ragazzi di quella classe cambiano insegnante e si disaffezionano alla materia.
Peccato, perché il loro territorio ha bisogno proprio di una forza lavoro che
va in quella direzione. Massimo, intanto, ha accettato un lavoro come ingegnere
in una di quelle aziende. Guadagna il doppio e, se porta risultati, viene
premiato con un aumento di stipendio. La scuola ormai è solo un ricordo.
Giulia
invece è una docente di ruolo di filosofia e storia al liceo. E’ entrata in ruolo giovanissima, perché
giovanissima si è abilitata e laureata. Ama insegnare, e in città la conoscono
tutti, dandosi da fare in ambito culturale. Giulia insegna per due anni nello
stesso liceo, prende una terza e la porta in quarta. In due anni si è data da
fare, ricoprendo incarichi e dicendosi sempre disponibile. I colleghi l’adorano
perché è gentile e solare e le sue attività hanno fatto del bene alla scuola.
Almeno in quattro occasioni la stampa di è occupata delle sue iniziative
didattiche, sviluppate in una scuola che prima non conosceva cronaca, se non di
brutte notizie. Poi, inaspettatamente, un settembre viene scalzata da Antonio.
E’ burbero e meno preparato, fa molte assenze, spesso depresso, si rifiuta di
usare il computer e di andare oltre la tradizionale lezione frontale. Se non
impari a memoria quelle righe del libro, il 4 è assicurato. Se provi a
parafrasarle, sarà al massimo un 5. Intanto Giulia ha ricominciato da capo in
un’altra scuola, dove le sue competenze, i suoi progetti, i suoi successi, non
sono stati valutati. Ricomincia da capo, da zero. Sua sorella gemella Marta,
invece, che ha studiato scienze della comunicazione e lavora nel mondo delle
aziende, ha cambiato in quattro anni 5 aziende. Dopo un successo veniva
promossa, e i nuovi incarichi corrispondevano a nuove responsabilità e nuovi
stipendi. Ora, a 34 anni, guadagna più del doppio di Giulia, perché i successi
ottenuti si sono tradotti in riconoscimenti. Giulia, invece, ha
sempre lo stesso stipendio. La scuola dove insegna quest’anno, però, non è di
fianco a casa. E’ a 40 km di distanza. E la benzina si fa sentire, su 1348 euro
di stipendio mensile, che dopo 6 anni(4 di ruolo e 4 da precaria)
continuano ad essere sempre uguali. Appena arriva nella nuova scuola viene
accolta bene. Sono tutti contenti che lei sia lì. Dai colleghi ai genitori
degli studenti. Perché la sua fama l’ha preceduta. Le viene proposto di curare
un progetto per lo sviluppo di un nuovo indirizzo di studi all’interno di quel
liceo. Le piacerebbe accettare, ma tra un anno, potrebbe presentarsi la stessa
storia, e rischierebbe di lasciare a metà strada un progetto avviato e portato
avanti da lei., dovendo suo malgrado cambiare scuola. O, ancor
peggio, consegnarlo a mani che non conosce, magari consegnarlo a chi lo
snaturerebbe o lo potrebbe distruggere. A quel punto rifiuta, la vede solo come
una fregatura. Ha 34 anni ma si sente fuori gioco, decide quindi di vivere la
scuola con meno entusiasmo e meno lucida follia. E le sue risorse, negli anni
migliori, vengono fatte morire.
Intanto,
inconsapevole di queste dinamiche, un supercervellone meccanico da Venezia
gestisce le graduatorie, assegnando punti in base a disgrazie dei familiari o
precedenze inspiegabili a un comune mortale. Nella città di Giulia, però, ci
sono ancora molte cattedre libere, anche nella scuola dove avrebbe voluto
insegnare. Verranno comunicate solo alla fine, e andranno a qualche
supplente non abilitato o ancor peggio ad un docente che invece stava bene
nella scuola in cui insegnava da tre anni. Giulia, invece, se ne
starà nella scuola di provincia dove, tra un anno, verrà rimessa in
discussione.
Volete
sentire altre storie? Tutte quelle raccontate sono storie vere. La follia
italiana parte da qui.
Simone
Ariot