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mercoledì 10 novembre 2010

Il coraggio di ripartire. Da una motocicletta....

E’ una storia come poche, una storia di quelle che leggi scritte sui giornali e poi, quando te le trovi davanti, non ti sembra nemmeno che possa essere vera. Se poi a scriverle sui giornali devi essere tu, allora la faccenda si complica perché entri ancora più dentro la questione. La storia che vi accenno oggi la potrete leggere con più tranquillità sul prossimo numero di Accenni, rivista con cui collaboro che uscirà tra pochi giorni in edicola . Parte tutto da lontano, da una passione per le moto e soprattutto per le moto di una volta, quelle senza troppa plastica e colori sgarcianti, che mi ha concesso di avvicinarmi a questa storia di persone e motociclette, di sentimenti e fantastici mezzi meccanici.

Lui si chiama Umberto Borile, ed è un artigiano con bottega a Vo’ Euganeo, in provincia di Padova, dove assembla una alla volta straordinarie moto scrambler, essenziali, bellissime. Fin qui nulla di strano, anche se vedendo le sue moto di strano ci sarebbe molto, perché sono belle e con l’anima. Un paio d’anni fa la decisione di cedere il marchio ad un’azienda più grande, il cambio d'interesse per un business parallelo, e la decisione di fare delle moto solo un passatempo. Poi il vuoto, provocato da un fattaccio. A soli 20 anni Riccardo, figlio di Umberto, muore tragicamente in una calda giornata estiva. Un ragazzo che anche lui amava le moto, un ragazzo come tanti altri ventenni che sogna di emulare il Valentino nazionale ma che se ne sta bene con i piedi per terra, un ragazzo che aveva il sogno di portare la gente a scoprire i colli euganei, a bordo dei Quad, un ragazzo che non c’è più. Disperazione, rabbia, difficoltà nell’accettare portano Umberto a chiudersi in se stesso, a lasciare tutto, a non volerne sapere più nulla di nulla.

Poi, senza preavviso, suona il campanello una coppia genitore-figlio che gli propone di rimettersi in campo nel mondo della progettazione motociclistica. Lo corteggiano, lo spronano a ritirar fuori quelle doti e quella passione che l’avevano reso uno dei progettisti più stimati al mondo. Così, quasi per caso, e grazie all’insistenza dei due angeli della provvidenza, Umberto si rimette in carreggiata e disegna la Ricki 500, una moto che vedrà luce in soli 20 esemplari, a 20.000 euro l’una, quasi tutte già prenotate. Una moto con un nome che ricorderà il figlio scomparso, una moto che Umberto vuole fare da solo, con il suo sudore e le sue mani, per dimostrare a se stesso e al mondo, ma soprattutto a chi da lassù lo guarda, che la vita deve andare avanti, anche dopo un tragico avvenimento. Ieri, nella sua piccola bottega di Vo’ Euganeo, tra lo scodinzolare del cane Silvestro e i telai di vecchi monocilindrici giapponesi pronti ad essere sezionati e trasformati, ho rivisto l’amore per la vita, la passione, la non rassegnazione di un uomo, ex artista corniciaio che decide di costruire moto, ex padre che non dimentica il passato, ora costruttore e fabbricatore di sogni, per chi ha sofferto e per chi gioirà. Grazie Umberto.

Simone Ariot

7 commenti:

  1. Ti stimo Prof. La tua dialettica e le tue parole mi fanno sognare ogni volta.

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  2. Una storia profonda, segnata dalla passione per le moto e dalla voglia di vivere che vince le difficoltà, la rabbia, la morte!
    Storia di un uomo forte che avuto il coraggio di ricominciare anche dopo il dolore enorme della perdita di un figlio!
    L'amore per la vita, l'attaccamento ad essa che ha spinto Umberto a rinascere, ricordando sempre suo figlio Riccardo che da lassù sarà fiero di suo padre!

    Basso Arianna 1^Es

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  3. Questa storia credo sia un insegnamento di vita per tutti. Fa davvero riflettere perché la perdita di un figlio così giovane non sarebbe facile da sopportare da parte di un padre. Penso che la forza e la voglia di andare avanti, nonostante il dolore e la sofferenza, siano molto grandi in Umberto. È difficile continuare la propria vita dopo una tragedia così e penso che quest’ uomo sia pieno di coraggio. Credo di sapere cosa significa perdere qualche caro a cui si vuole davvero bene e si è molto attaccati, infatti quest’ estate una mia cara amica è morta per una malattia. Ci sono stata malissimo e all’ inizio è stato duro da accettare perché era una ragazza piena di vita e non avrei mai creduto che, proprio a lei, sarebbe potuta capitare una cosa del genere. Durante la malattia mi ha insegnato che la vita è breve e bisogna viverla nei migliori dei modi, accettandola e accontentandosi di ciò che abbiamo perché c’ è sempre qualcuno che sta peggio di noi. Entrambe queste due storie mi hanno fatto capire che sono molto fortunata perché non mi manca niente e mi hanno insegnato che bisogna vivere ogni secondo della propria vita perché non si sa mai quando potrebbe venire la propria ora.

    GRETA VANZAN 1Es

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  4. Greta quello che dici è verissimo. Aggiungo in più che non si tratta solo di imparare a sfruttare la vita, ma allo stesso tempo di viverla nel modo giusto. Tre anni fa mi sono morti due studenti, a distanza di pochi giorni, entrambi per incidenti in auto. Era la prima volta che moriva qualcuno a cui ero legato in un modo o nell'altro, se escludiamo i nonni che comunque erano vecchi......e se sono vecchi è normale morire. E' stata un'esperienza che mi ha insegnato molto, soprattutto a considerare bene i pericoli che si corrono quando si guida. Dopo quella volta non ho più fatto certe cazzate. Ciao Stefano, ciao Francesco.

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  5. A volte gli oggetti hanno un’anima data dalla passione con la quale sono stati costruiti. Mi è capitato di ascoltare un CD amatoriale, fatto da D., un ragazzo di vent’anni che una sera è andato a letto, ma che la mattina seguente non si è più svegliato. Conoscevo la sua storia e, pur non avendolo mai incontrato né visto, sentire le sue canzoni mi ha commosso. Sembrava di ascoltare una parte di lui, quella parte che si era tanto impegnata in ciò che amava di più: la musica. Credo che la Ricki 500 avrà un’anima. L’avrà per tutti coloro che, sapendone la vicenda, ne possiederanno una e anche per tutti quelli che legheranno a lei altri ricordi ed episodi. Soprattutto avrà un’anima per Umberto. Significherà la perdita del figlio,dolore, rabbia, fatica, ma anche la volontà, la determinazione e il coraggio che ha avuto nell’andare avanti. Non ha rinunciato a volergli bene annientandosi, ha anzi aumentato l’amore verso Riccardo con la sua scelta di reagire, di continuare la sua vita e dedicare una moto al figlio e a quella passione che gliel’ha portato via, nella quale però lui aveva riposto le sue aspettative e i suoi desideri e che probabilmente l’aveva reso felice e speranzoso. Ray Bradbury pensava che ognuno debba lasciarsi qualcosa dietro, come un figlio, un libro o perfino un muretto eretto con le proprie mani, così da far in modo che al momento della propria morte in quella cosa ci si resti per tutta la vita. Se così fosse Riccardo non ha avuto il tempo di crearla, ma Umberto è riuscito ugualmente a dargli una moto nella quale poter continuare a vivere.
    Marina Picardi, 2ds

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  6. Ragazzi guardate che da nessuna parte c'è scritto che la causa della morte di Riccardo sia stata la motocicletta o altro. Sull'argomento non mi sono permesso di entrare nel dettaglio, sono fatti privati che non ci riguardano e che è bene rimangano privati, per rispetto di Umberto e per la memoria di Riccardo.

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  7. E poi dicono che i ragazzi di oggi sono vuoti ed insipidi,sempre con quei fili che escono dalle orecchie ad ascoltare musica,alla ricerca di un mondo che non c'è,quel mondo che cercava anche il mio Riccardo.Non c'è da stupirsi se sono così basti pensare all'esempio che diamo loro noi grandi.Leggendo quello che tutti voi avete scritto,mi viene da pensare che chi non capisce nulla siamo proprio noi.Noi che abbiamo dato un calcio alla sensibilità e all'amore per far posto all'arrivismo ed al denaro.Ti accorgi invece ad un dato momento della vita,quando questa ti sbarra la strada e si piglia sottobraccio tuo figlio e le mani tue che lo stringono ti scivolano via e ti senti inutile.Tutta la tua forza non serve a nulla,la tua disperazione non serve a nulla,scompare all'orizzonte per non vederlo mai più,ti accorgi in questo momento che nulla serve più a nulla e vorresti riavvolgere il nastro per cambiare le cose e stare di più con lui lasciar perdere qualche appuntamento di lavoro e stare di più con lui,andare meno in banca e stare di più con lui,rinunciare ad una giornata con gli amici e stare di più con lui.Ma il destino non lo cambi e anche se ti fa schifo te la devi ingoiare anche se sai perfettamente che ti rimarrà lì e non andrà mai giù.Certe cose non si digeriscono mai.Continuerai a vivere con questo nodo sempre in gola,con un rammarico,con un rimorso,con tanta tristezza,e quando vai a trovarlo e gli posi un fiore e sai che lui è lì poco sotto di te,e gli sussurri qualche parola che prima,per stupido orgoglio non gli hai mai detto,in questi momenti ti accorgi di non essere nessuno,inerme sconsolato di fronte a colui al quale dovevi insegnare tante cose ed invece è lui ad avere insegnato a te che la vita finchè ce l'hai,va vissuta meglio che puoi,pensando un pò di più a chi ti sta vicino e sentirti bene con te stesso perchè ai fatto qualcosa di buono per gli altri.Magari non ti ringrazierà nessuno,ma ti sentirai ricco di qualcosa dentro che come nuova linfa ti farà germogliare ancora quando invece pensavi che il gelo si fosse definitivamente impadronito di te.Siete fortunati ad avere un professore come Simone,è veramente una persona con la quale vale la pena di perderci un pò di tempo. Vi ringrazio e vi abbraccio tutti.Umberto Borile.

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