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lunedì 17 gennaio 2011

Metaforico Troisi.

Metafore: eh? Che è questa metaf….

A volte basta un film per imparare e finalmente comprendere ciò che anni di scuola possono aver reso insopportabile. Similitudini, metafore, anacoluti, climax, sineddoche, sinestesie, metonimie. Nomi difficili, nomi complessi che per quanti fossero a digiuno di greco possono dire ben poco. Eppure, quando parliamo, anche il più sempliciotto Gervaso di manzoniana memoria condisce la propria comunicazione verbale con figure retoriche spiattellate e lanciate in simultanea, come una flotta di navi protese in battaglia, uno sciame d’api in un giardino fiorito, uno stormo d’uccelli degno d’un film diretto da Alfred Hitchcock. Facciamo cose senza saperlo, abbiamo competenze talmente radicate da perdere totalmente la cognizione di quanto complesse siano. Questo è il bello, ma ancora più bello è scoprire di saper fare tutto ciò, e scoprirlo quando ce lo insegna qualcuno di grande. Come accade a Mario.

Mario Ruopolo è un postino con un solo cliente, il grande Pablo Neruda, e da lui si lascia trasportare in un breve viaggio fatto di poesia, amore e genuinità, all’interno di una cornice straordinaria che da sola vale il film. Immagini, suoni ( oscar per la colonna sonora), attori e trama all’insegna di una semplicità ben scandita e mai abusata. Questo film lo riguardo ogni anno, quasi sempre a scuola come ho fatto oggi, con qualche classe che difficilmente riesce a non innamorarsi ( in senso buono e non malizioso) di un attore che morirà 12 ore dopo la fine delle riprese, lasciando in tutti il ricordo di una voce e una gestualità che solo lui sapeva avere. Massimo Troisi, Massimino come lo chiamava il suo amico Roberto Benigni ( sentite come lo descrive in questo video e in questa poesia ), è stato uno dei più grandi attori italiani di sempre, uno dei più amati. Come i grandi, come la poesia, rimane eterno, e torna quotidianamente nella nostra vita, o per lo meno nella vita di quanti l’hanno conosciuto come attore. Io me lo immagino così, a pedalare in bicicletta dalle parti di Pollara, affaticato per il lungo viaggio da Santa Maria. Per chi non l’avesse inteso sto parlando di Salina, la più bella delle isole Eolie, dove hanno girato il film e dove ho passato tra i giorni più vivi della mia vita, in una vacanza che non scorderò mai. Salina, isola a forma di seno di donna, con due crateri spenti e tante strade strette e ruvide, con le granite di Alfredo e il pane Cunzato che ancora sogno.

Basta così, perché se penso ai 3 gradi che ci sono fuori mi metto a piangere!

Simone Ariot

3 commenti:

  1. Innanzitutto devo ringraziare il mio professore di italiano che ci ha proposto la visione di questo film, non lo conoscevo e non ne avevo mai sentito parlare.
    Il paese di Procida è lo scenario perfetto per questa storia, il paesaggio è a dir poco splendido e unito alla colonna sonora rende il film un vero capolavoro.
    Mario, il protagonista, insoddisfatto della sua vita, accettando di fare il postino personale di Pablo Neruda cambierà la sua vita, cambiando il suo modo di pensare e di vedere il mondo.
    Dall'incontro tra i due personaggi principali nasce un'amicizia che porta dei cambiamenti per entrambe: il poeta si avvicina al popolo e ai suoi sentimenti più autentici, il postino, attraverso la poesia, trova la forza per cambiare la sua banale esistenza e impara a gustarsi le gioie dell'amore e dell'impegno sociale. La conoscenza con il poeta gli apre il mondo della cultura e delle idee comuniste che segnerà indelebilmente il suo destino. Mario, umile e sempliciotto postino ci ricorda che da chiunque possiamo imparare anche se non ha istruzione.
    E' un capolavoro poetico: la poesia può insegnare a parlare e pensare, a riconoscere le emozioni e ad esprimerle, a vedere il mondo e a volerlo cambiare.
    Le metafore e le similitudini presenti in questo film sono talmente tante e così particolari che ne ricordo solo alcune, mi piacerebbe rivederlo nuovamente solo per il gusto di riascoltarle per memorizzarle.

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  2. Tutto comincia con il piccolo paesino baciato dalle onde del mare,che si susseguono a ritmo del cuore. Pian piano il film ti coinvolge in quella vita un po’ triste e umile che sta in silenzio tra le voci della natura, i pescatori con le loro barche e le loro reti tristi. Proprio quelle che Mario, il protagonista, è stanco di vedere ed usare:lui non si sente adatto alla pesca e vorrebbe trovare un altro lavoro, magari per avere una vita un po’ alternativa rispetto a quella dei suoi compaesani.
    E con tocco di fortuna, trova quello che fa a caso suo:un impiego come postino di niente poco di meno che Pablo Neruda, che esiliato in Italia soggiornerà nella bella isola di Mario.Il poeta era già allora molto conosciuto e anche il suo postino inizialmente prova un certo timore reverenziale, che si scioglie, però, dopo poco tempo.
    Mario “spiega” e fa visitare la propria isola a Pablo e lui gli insegna a scrivere poesie e lo aiuta a conquistare la bella Beatrice. Tra i due nasce quindi una forte amicizia e anche quando il poeta se ne andrà, finalmente libero di tornare a casa, Mario gli rimarrà fedele e tenterà di rimanere in contatto con quell’amico così famoso da rimanere impegnato fino a qualche anno dopo.
    E il finale spezza davvero il cuore:così come l’attore vero muore prima di girare le ultime scene, anche Mario muore durante una manifestazione comunista prima di poter rivedere il suo grande amico che al ritorno sull’isola trova solo il figlio di Mario, Pablito, e Beatrice.
    Tutto ciò con la poesia spiegata nel migliore dei modi, che fa venir voglia di scriverla, magari per lasciare a qualcuno una bella poesia da leggere alla propria/o fidanzata/o come fece Mario.

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